Libertà finanziaria

La libertà finanziaria è il concetto più profondo e al tempo stesso il più abusato della finanza personale.

Il mio sogno sarebbe quello di vedere sotto ogni video Instagram o Tik Tok che insegna come essere liberi finanziariamente una bella postilla del tipo “Qui giace la libertà finanziaria. Non fiori, ma opere di introspezione e risparmio“.

Libertà finanziaria non significa sciabolare Dom Perignon girando in Lambo per Dubai o passare le giornate a sorseggiare cocktail in riva al mare.

Significa avere la possibilità di assumere la posizione del “fottiti“. Ce lo spiega bene John Goodman nei primi 30 secondi di questa scena di The Gambler. Ringrazio Andrea di EfficaceMente per avermi fatto conoscere questa perla (un po’ meno per avermi fatto guardare il film).

Se vinci 2 milioni e mezzo anche uno stronzo da record sa che deve fare. Compri una casa bella solida, un’indistruttibile scatoletta giapponese e metti tutto il resto in azioni per pagare le tasse e quella è la tua base. La tua cazzo di fortezza della solitudine. E questo ti mette per il resto della vita al livello del fottiti. Qualcuno vuol farti fare qualcosa? Fottiti. Il tuo capo ti fa incazzare? Fottiti. Hai casa tua, un po’ di soldi in banca e non bevi. Posso dirlo a chiunque, a qualunque livello sociale.

La matematica spicciola che sta alla base dell’indipendenza finanziaria è estremamente semplice.

Prendete le vostre spese annuali opportunamente rendicontate e moltiplicatele per 25.

Et voilà! Avete il capitale necessario per poter assumere la posizione del fottiti mantenendo il vostro stile di vita attuale con un tasso di prelievo annuale al 4%. Non serve essere dei geni della finanza. E’ sufficiente avere un lavoro nella media unito ad una buona capacità di risparmio (o in alternativa esservi posizionati meglio della media in quella che Warren Buffett definisce lotteria ovarica) e siete sulla buona strada per mandare tutti a farsi fottere.

Disclaimer grosso come una casa: indipendenza finanziaria significa non dipendere più da attività lavorative per mantenere l’attuale stile di vita. Non significa smettere di lavorare per forza, ma fare quello che desideriamo fare con la consapevolezza che se un giorno mi sarò rotto le palle potrò smettere di farlo. Se per mantenere il mio attuale stile di vita devo trovare clienti, stare davanti ad un monitor x ore al giorno, fare storie su Instagram o fare una qualunque altra attività che richieda la mia presenza pena non riuscire a mettere il pane in tavola o pagare le bollette NON sono finanziariamente indipendente.

Se è così vantaggioso perché non è un obiettivo a cui anelano tutti? Eppure non è un concetto così recente come si può pensare e avrebbe dovuto radicarsi molto di più nella nostra società se è cosi rivoluzionario.

La storia della libertà finanziaria

La storia della libertà finanziaria (o indipendenza finanziaria) è meno recente di quanto si possa pensare.

Tralasciando la favola di Esopo “La cicala e la formica“, il primo riferimento storico al concetto di indipendenza finanziaria ci arriva dal libro The Way to Wealth di Benjamin Franklin, nato come prefazione di Poor Richard’s Almanack dello stesso autore e poi trasformato in testo a se stante (nota a margine: è dall’almanacco di Benjamin Franklin che Charlie Munger ha preso ispirazione per il titolo del suo libro Poor Charlie’s Almanck).

Il primo testo che invece parla espressamente di indipendenza finanziaria (o pecuniaria, come era in voga dire all’epoca) è Money and how to make it di H.L. Reade pubblicato nel 1872.

Ma la prima vera guida all’indipendenza finanziaria ci arriva da George Clason e dal suo L’uomo più ricco di Babilonia. L’autore stila una lista di punti per il raggiungimento della libertà finanziaria, dal risparmio e il controllo delle spese, fino ad arrivare all’investimento passando per l’avversione alla perdita.

Arrivando poi ai giorni nostri, un testo che considero rivoluzionario sul tema è quello di Paul Therorst Cashing in on the American Dream pubblicato nel 1988. Al di là del number-crunching, viene posta l’attenzione per la prima volta su un aspetto cruciale della libertà finanziaria: l’introspezione. L’autore scrive dell’importanza di analizzare se stessi e i propri bisogni e del perché vogliamo raggiungere l’indipendenza finanziaria e il prepensionamento. Qual è il motivo che ci spinge a voler andare in pensione anticipatamente? Cosa vogliamo fare dopo il lavoro? Quali sono le nostre necessità e i nostri obiettivi?

La libertà finanziaria è un concetto psicologico

Recentemente mi sono imbattuto in un interessante articolo di JD Roth, l’autore del blog Get rich slowly, che dà il suo punto di vista sul perché secondo lui l’indipendenza finanziaria è un concetto che non ha preso piede negli anni. Eppure la storia del concetto di libertà finanziaria, come abbiamo visto, non è troppo recente.

JD Roth pensa che le persone non siano disposte ad aspettare per raggiungere questo obiettivo. Essere finanziariamente indipendenti richiede di sacrificare il comfort a breve con la sicurezza a lungo termine e gli esseri umani non sono programmati per pensare a lungo termine. Questo è sicuramente vero, ma credo che come spiegazione sia semplicistica.

Ragioniamo per assurdo. Vi viene diagnosticata una malattia che presenterà i suoi effetti (disastrosi) tra 15 anni ma tra 15 anni, all’insorgere dei primi effetti, potrete operarvi. L’operazione tuttavia vi costerà 100.000 euro. Sareste disposti a mettere da parte 400 euro al mese ad un tasso annuo del 5% per avere il capitale necessario per fare l’operazione e continuare a vivere la vostra vita? Io credo di sì.

Allora dire che gli esseri umani non sono programmati per pensare a lungo termine è riduttivo. Direi piuttosto che il beneficio percepito e attualizzato ad oggi dell’indipendenza finanziaria è inferiore al beneficio percepito di spendere quei soldi oggi.

Il problema è in parte del tasso di attualizzazione che il nostro cervello utilizza: siamo indotti a pensare che il beneficio percepito dal comprarsi il nuovo cellulare oggi è maggiore del beneficio futuro di vivere una parte della nostra vita dalla posizione del fottiti. Questo credo sia un punto fermo.

Un’altra componente pensavo fosse dovuta al fatto che abbiamo paura di cambiare, di autoanalizzarci e capire cosa desideriamo davvero.

Lo pensavo perché effettivamente siamo intimoriti dall’incertezza e ci rifugiamo nella comfort zone. Perché dovrei ragionare su cosa fare nel caso in cui non abbia più necessità di lavorare? Devo lavorare perché è così che funziona la società. Col lavoro sfamo la mia famiglia, faccio gli aperitivi con gli amici, vado in vacanza una o due volte all’anno e vivo la mia vita cercando il più possibile la serenità.

Amiamo essere indirizzati. Amiamo la certezza del percorso. Preferiamo la strada lunga e tortuosa ma che conosciamo, all’alternativa che non abbiamo mai percorso. Non sappiamo dove ci porterà e non sappiamo se sarà una scelta migliore o peggiore di quello che stiamo facendo oggi.

Effettivamente essere finanziariamente indipendenti ci mette in una condizione di totale libertà decisionale riguardo la nostra vita. Per molti potrebbe essere una libertà troppo grande da gestire perché c’è sempre il rischio di non essere capaci di gestirla. Potrei pensare che ciò che mi appaga sia fondare un’azienda ma durante il percorso mi accorgo di aver fatto una cazzata. Non possiamo avere la certezza che quella cosa sia realmente appagante finché non la proviamo. E’ un circolo vizioso che si autoalimenta. Vorrei provare a cambiare, ma se lascio quello che ho potrei non riuscire a tornare indietro. E se poi quella cosa non mi piace?

In realtà la paura del cambiamento può essere un freno, ma allora perché tanta gente continua a farsi abbindolare dai guadagni facili e dai fuffaguru che promettono la libertà finanziaria nel giro di 6 mesi? C’è qualcosa di più profondo dietro. Ho applicato il pensiero inverso. Non mi sono soffermato sul perché l’indipendenza finanziaria non è un obiettivo prioritario per molti, ma ho analizzato cosa fanno le persone che l’hanno raggiunta.

Una volta raggiunto l’obiettivo queste persone nella stragrande maggioranza dei casi continuano a fare quello che hanno sempre fatto. Molte di queste persone hanno raggiunto la libertà finanziaria grazie alle aziende che hanno fondato. Eppure continuano a far parte di quelle aziende. Continuano a lavorare e a fare quello che hanno sempre fatto perché quella è diventata la loro comfort zone. E’ li che si sentono al sicuro.

Non è tanto la paura del cambiamento a non farci percepire la libertà finanziaria come obiettivo primario, quanto il fatto che, inconsciamente, sappiamo che dipendiamo da ciò che facciamo. Abbiamo bisogno di far parte di qualcosa, di lavorare, di costruire un percorso che sia nostro. Abbiamo bisogno di avere degli obiettivi. Il cervello non regge l’eventualità di sorseggiare mojito in spiaggia per i prossimi 40 anni. Ad esempio, mio padre con la liquidazione della pensione si è comprato un ettaro di terra con 50 ulivi. Non proprio una scelta rilassante.

E’ la strada verso l’indipendenza finanziaria che conta

Non so voi, ma io per molto tempo ho provato a capire quali erano le mie necessità non primarie. E’ un lavoro tutt’altro che semplice. Scavare a fondo dentro noi stessi per trovare ciò che ci appaga richiede di uscire dall’oasi che ci siamo creati. E’ molto più facile farsi indirizzare: studia, trovati un lavoro, fai una famiglia, goditi i figli e poi i nipoti, muori. Trovare la nostra strada richiede di uscire dalla comfort zone, di abbracciare l’incertezza e non respingerla.

Quello che ho notato durante gli anni è che ricercavo ciò che mi appagava per raggiungere l’indipendenza finanziaria e non l’opposto. Ponevo troppo accento sul raggiungimento dell’indipendenza dal lavoro e ragionavo in funzione di questo obiettivo.

Ma così come Siddharta raggiunge l’illuminazione quando smette di cercarla ad ogni costo, così dovevo smettere di scavare dentro di me per capire ciò che avrei dovuto fare per essere indipendente. La libertà finanziaria è la condizione tale per cui non siamo più schiavi. Non del denaro inteso in senso assoluto, ma del nostro rapporto col denaro.

So cosa state pensando: allora possiamo considerare i senzatetto finanziariamente liberi. No, perché i senzatetto hanno bisogno dei soldi per mangiare. Considero però libero finanziariamente l’eremita che vive con due spiccioli, coltiva il suo orto e beve il latte della sua mucca. Ed è finanziariamente libero anche se non ha 2 milioni di euro in banca e non riceve una rendita mensile di 2000 euro. Ovviamente è un paradosso: premesso che vivere da completi eremiti e riuscire a provvedere completamente ai propri bisogni credo sia impossibile, ma soprattutto basta una folata di vento per mandare all’aria i piani fatti.

Dover lavorare per mantenere il nostro attuale stile di vita non è un male se quello che facciamo e la condizione nella quale siamo ci appaga. Il vantaggio di questo approccio è che riesco a godermi il percorso: studio, faccio esperienze, viaggio, esco dalla comfort zone se lo reputo necessario e se il gioco vale la candela. Mi godo il percorso nella consapevolezza che lavorare è necessario e fa parte del gioco. Mi serve finanziariamente ed emotivamente.

Inoltre, ho notato che le migliori attività sulle quali mi sia mai impegnato (una tra le tante, questo blog) sia nata un po’ per caso. Lo scorrere del fiume ci dà delle opportunità che sta a noi cogliere. Non è necessario forzare eccessivamente la mano. Il rischio è quello di percepire una sensazione di continua insoddisfazione.

Conclusione

L’indipendenza finanziaria è un mio obiettivo ma lo è limitatamente al fatto che potrei perdere il lavoro e non essere più appetibile sul mercato. Non voglio essere finanziariamente libero per smettere di lavorare ma per annullare il rischio di non riuscire più a garantire delle entrate alla mia famiglia. Questo ne riduce la priorità e se devo scegliere se mettere da parte dei soldi o fare delle esperienze che io, mia moglie e mio figlio ci porteremo negli anni come ricordo sceglierò sempre la seconda opzione.

Alla fine tutto si riduce al trade-off del beneficio percepito tra spendere oggi o risparmiare per il domani. Se riesco a stimare nel modo più obiettivo possibile le mie scelte di spesa, ciò che ho pianificato ha ottime probabilità di successo. Probabilmente le stesse se quegli obiettivi volessi a raggiungerli a tutti i costi. Finirei per fare scelte sbagliate dettate dall’eccessiva fame di successo.

Grazie per la lettura.

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