Si occupa di consulenza finanziaria dal 2002. Ha lavorato per ben 4 banche diverse. E’ una delle personalità di spicco di FinanzaOnline. Ha fatto ricerca, formazione ed è un punto riferimento per molti risparmiatori e investitori. E’ un blogger finanziario dal 2018 e sul suo blog Oro, spezie e tulipani potete farvi un’idea dell’immenso lavoro che sta portando avanti nel mantenere aggiornati decine di portafogli per tutti i gusti.
Parlare con lui è stato estremamente interessante. Ha una capacità unica, data dall’esperienza, di portare ogni argomento su un piano concreto, reale. La sua dote di semplificare molti concetti complessi trovo che sia unica e ha veramente decine di aneddoti dai quali attingere.
E’ con immenso piacere che vi presento l’intervista fatta a Bowman.
Di seguito vi lascio uno dei video più interessanti che potete trovare nel suo canale YouTube.
Parlami di te in breve e di quali sono le scelte che ti hanno portato a condividere le tue esperienze con il resto del mondo attraverso YouTube/Instagram/Blog
La decisione di condividere le mie esperienze online nasce dalla consapevolezza delle sfide uniche che caratterizzano il mondo della consulenza finanziaria. Operando in un settore dove la privacy del cliente è fondamentale, mi sono reso conto che la visibilità del valore che un consulente può aggiungere è spesso limitata. Questo contesto rende difficile dimostrare l’impatto positivo del mio lavoro sui portafogli dei clienti senza violare la loro privacy.
Inoltre, mi sono confrontato con la realtà di un’industria che tende a premiare più la vendita di prodotti che la consulenza personalizzata e genuina. La prevalenza di questa mentalità di vendita può portare a un’enfasi eccessiva sui prodotti finanziari offerti da un catalogo standardizzato, piuttosto che sulle soluzioni veramente adatte alle esigenze individuali dei clienti.
Il mio percorso non convenzionale, arricchito da un’apprendimento autodidatta e dall’esperienza sul campo, mi ha fornito una prospettiva unica e preziose lezioni apprese. Ho capito che la vera chiave per una consulenza efficace risiede nella comprensione profonda dei principi finanziari, nell’adozione di una strategia personalizzata e nell’importanza di educare i clienti, piuttosto che limitarsi a vendere loro prodotti.
Questa consapevolezza mi ha spinto a cercare modi alternativi per dimostrare il valore della consulenza finanziaria, al di là dei tradizionali metodi di vendita e delle simulazioni spesso ingannevoli. Volevo offrire una prospettiva più autentica e trasparente, basata su strategie reali e risultati realistici, che riflettesse le complessità e le sfide del mercato.
Condividere le mie esperienze online mi ha permesso di fare proprio questo. Attraverso la creazione di contenuti che enfatizzano l’importanza dell’asset allocation, della strategia personalizzata e di un approccio basato sull’orizzonte temporale appropriato, spero di fornire agli investitori gli strumenti per prendere decisioni più informate. Il mio obiettivo è dimostrare che, nonostante la volatilità del mercato e le incertezze, è possibile gestire i propri investimenti in modo efficace e raggiungere risultati soddisfacenti, mantenendo sempre un approccio realistico e ben informato.
Ti faccio un esempio.
Recentemente ho partecipato ad una live di Mr Rip. Abbiamo parlato delle Unit Linked, che sono un tipo di prodotto finanziario un po’ complesso, e abbiamo cercato di spiegarne il funzionamento in dettaglio. Non è stata una passeggiata. Mi sono preparato a dovere, analizzando le offerte delle prime cinque compagnie assicurative per capire cosa offrono e mostrare che, alla fine, si assomigliano un bel po’.
La discussione ha preso quasi 45 minuti, quindi ho dovuto fare attenzione a non occupare tutto il tempo solo con questo argomento. Poi è intervenuto un ragazzo che conosco, un imprenditore con un bel po’ di capitali, che ha condiviso la sua esperienza come sottoscrittore di una polizza Unit Linked. Ha sfatato due miti: primo, non è vero che questi prodotti sono solo per chi ha poco da investire. Secondo, anche i grandi patrimoni possono essere tutelati, non è questione di avere un super avvocato o di essere un vip. Anzi, ha raccontato di come gli è stato negato l’accesso a certi prodotti “privilegiati” nonostante ne avesse tutte le carte in regola.
Questo ci porta a riflettere su come, a volte, le politiche delle banche sembrino mirate più a massimizzare i costi sul cliente che a soddisfarne le esigenze. Ma non voglio che questo scoraggi nessuno. Ricevo tanti messaggi da persone che si sentono tradite o deluse dalle istituzioni finanziarie. È comprensibile sentirsi così, soprattutto quando si pensa di essere stati ingannati.
Ho anche parlato di come, a volte, chi lavora in banca possa finire per vendere prodotti finanziari senza avere una vera comprensione di cosa stia facendo, convinto solo dalle provvigioni. Ma il punto è: non bisogna lasciarsi abbattere dagli errori o dalle brutte esperienze. Anche un ragazzo laureato alla Bocconi in wealth management può incappare in questi tranelli. L’importante è imparare dagli errori e non fermarsi, non pensare di abbandonare gli investimenti per paura di sbagliare di nuovo. È proprio dagli errori che dobbiamo trarre la spinta per fare meglio.
Quali pensi siano i problemi principali del mondo della consulenza finanziaria?
Il problema principale è l’aspetto commerciale.
Prendiamo ad esempio un agente immobiliare. Il lavoro di un’agenzia immobiliare è quello di fare da mediatore tra venditore e acquirente. Avevo un vicino che cercava di vendere la sua casa a un prezzo che riteneva giusto, senza successo. L’agenzia immobiliare alla quale si è rivolto gli ha fatto capire che il prezzo che stava chiedendo era troppo elevato. Questo perché l’obiettivo dell’agenzia è quello di mediare tra due parti e il suo obiettivo (far vendere l’immobile per percepire una commissione dalla vendita) è lo stesso del venditore e del potenziale acquirente. Quindi, anche se le commissioni possono sembrare elevate, il valore aggiunto può essere decisivo per il successo dell’operazione.
Passando al mondo degli investimenti finanziari, qui la situazione è molto diversa. Il settore è pieno di prodotti complessi, come le già citate polizze Unit Linked, che possono essere difficili da comprendere per chi non è del mestiere. Molti investitori si affidano a consulenti finanziari, sperando di ricevere consigli su misura per le proprie esigenze e obiettivi. Tuttavia lo scopo del promotore è quello di farti pagare più commissioni possibile, mentre il tuo interesse è quello di veder crescere il capitale. Sono due interessi completamente opposti.
La chiave è l’informazione e la formazione. Non si tratta solo di scegliere il consulente giusto, ma anche di avere le conoscenze di base necessarie per comprendere i consigli ricevuti e valutare se sono realmente nel proprio interesse. Inoltre, è fondamentale essere consapevoli del fatto che ogni investimento comporta un rischio e che non esistono soluzioni magiche che garantiscano rendimenti elevati senza rischi.
Per chi si sente tradito o deluso da esperienze passate, il messaggio è di non lasciarsi scoraggiare. Anche di fronte a perdite significative, è possibile rialzarsi. Il primo passo è accettare che nel mondo degli investimenti, come in quello immobiliare, possono verificarsi delle delusioni. Successivamente, è essenziale imparare dai propri errori, cercare informazioni di qualità e selezionare con cura i professionisti a cui affidarsi.
Quali sono le persone che ti hanno influenzato maggiormente negli anni? Quali libri, podcast, white-papers e così via consideri fondamentali nel tuo percorso di investitore?
Ah, guarda, è stata proprio una serie di incontri e esperienze a darmi la spinta. C’era questo docente, che oltre ad essere un economista era pure ministro, ma non voglio entrare troppo nel merito. Seguivo le sue conferenze per via del lavoro alla fondazione e le sue idee sulla finanza… era avanti, sai? Già allora diceva che l’ADSL era storia vecchia e che il futuro era un’altra roba, che internet si sarebbe trasformato, con l’e-commerce a farla da padrone. E pensare che all’epoca tutti credevano fosse solo la bolla del dot-com.
Poi, sul lavoro, ho avuto la fortuna di incrociare dei colleghi tosti, che mi hanno aperto gli occhi su un sacco di cose. Ho lavorato in una nota SIM, dove ho conosciuto persone con delle capacità fuori dal comune. Parliamo di gente che faceva collocamenti su Bloomberg, che lavorava con i mercati asiatici… una roba che mi ha fatto davvero accendere la lampadina.
E non ti dico di un altro collega, un mago degli investimenti, che durante la crisi dei primi anni 2000 ha fatto il botto, raddoppiando il suo portafoglio. Il tipo era un fuoriclasse, giocava con azioni, obbligazioni, e aveva un fiuto incredibile per le occasioni, tipo quelle aziende sull’orlo del fallimento che nessuno voleva più toccare.
Sul fronte della lettura, poi, ho divorato un sacco di libri, non solo i soliti nomi che tutti citano. Mi sono buttato anche su autori un po’ più di nicchia, che ti fanno vedere le cose da un’altra angolazione. Tipo Bernstein, che ti spiega la storia economica in un modo tutto suo, o Niall Ferguson, che ok, a volte è un po’ troppo filoamericano per i miei gusti, ma i suoi libri ti aprono un mondo.
E poi c’è tutta la questione del networking, del potere delle relazioni. Ferguson ne parla un sacco, di come le reti influenzino tutto, dalla finanza alla politica. Ed è vero, sai? Oggi come oggi, con internet e i blog, c’è un sacco di spazio per sfidare le vecchie autorità e per far sentire la propria voce in modo indipendente.
Insomma, alla fine di tutto questo giro, mi sono detto: perché non condividere la mia esperienza online? Non è che voglio fare il lavoro gratis, ma se posso mettere sul piatto la mia esperienza e magari aiutare qualcuno a navigare meglio in questo mare mosso della finanza, perché no? E poi, vedendo certe pratiche nel settore, certe volte ti viene da pensare che ci sia proprio bisogno di una voce un po’ più schietta, di qualcuno che dice le cose come stanno, senza giri di parole. Ecco, in tutto questo casino, io ci provo a fare la mia parte.
Parliamo di pianificazione: quali sono i tuoi obiettivi principali? Come allinei la tua strategia di investimento ai tuoi obiettivi di breve, medio e lungo termine? Quali pensi siano i fattori che determinano il successo sul lungo termine?
Ah, vedi, io nel mio lavoro ho sviluppato un certo metodo, un mix tra roba classica che tutti conoscono e qualche mia chicca personale, frutto dell’esperienza sul campo. Tipo, si parte sempre dai grandi classici, dalle teorie che stanno dietro a tutto questo mondo della consulenza, quelle stesse teorie che poi ti ritrovi a usare per spiegare perché, ad esempio, ti prendi una certa percentuale sull’entrata di un investimento. Perché alla fine, anche la Consob ogni tanto bussa e chiede, “Ehi, ma questo 5% perché te lo pigli?” E tu devi essere pronto con una risposta, basata su tutta una serie di studi e ricerche che giustificano il tuo operato.
Ma poi, sai, quando ti metti lì, a lavorare davvero con la gente, ti rendi conto che ci sono un sacco di cose che i libri non ti insegnano. Tipo, la regola numero uno è conoscere a fondo chi hai di fronte, capire bene il cliente, il suo profilo di rischio, i suoi obiettivi. Se salti questo passaggio, qualsiasi consiglio tu possa dare è già sbagliato in partenza. Mi è capitato un cliente, fine 2020, che in pieno lockdown mi chiama tutto agitato per i suoi investimenti. Gli faccio, “Guarda, stai tranquillo, è un momento così, gli investimenti vanno lasciati stare, vanno guardati con calma”. Ma lui niente, agitato perché una vita gli avevo detto di stare sereno e ora si trovava in mezzo a una tempesta. E allora ti tocca rivedere tutto, capire che magari il profilo di rischio che si era dato non era quello vero, perché magari non si fidava abbastanza da dire la sua vera tolleranza al rischio.
E poi c’è tutta la questione degli obiettivi di risparmio, che a volte sono così… come dire, irrealistici. Tipo il giovane che ti viene a dire che ha un orizzonte temporale di 27 anni. E tu pensi, “Amico, ma tu hai idea di quanto lungo sia questo tempo? Di quanto cambierai in questi anni?” È importante partire con obiettivi a breve termine, vedere come va, e poi magari allargare il tiro, senza subito pensare a 27 anni come se fosse niente.
E poi, oh, ci sono le pressioni commerciali. Non è che posso mettere i soldi del cliente in un investimento e dimenticarmelo lì per sei anni. La gente si aspetta che tu faccia qualcosa, che ci sia un movimento. E questo è un altro aspetto complicato del lavoro. Devi sempre bilanciare quello che è meglio per il cliente con quello che il cliente si aspetta che tu faccia.
Insomma, il mio metodo si basa molto su queste cose: conoscere il cliente, capire bene il suo vero profilo di rischio, essere realistici sugli obiettivi e gestire le aspettative. E poi, certo, c’è tutta la strategia di investimento, il ribilanciamento, come e quando muoversi. Queste sono le cose su cui mi concentro, cercando di fare il meglio per chi si affida a me, anche se non è sempre facile con tutte queste pressioni che girano.
Quindi sì, ho creato dei documenti Word, delle belle strategie scritte nero su bianco, e ogni volta che faccio delle modifiche o dei ribilanciamenti, seguo una sorta di “scheletro” che dà forma a tutto il lavoro. Non è solo una questione di vendere, ma di integrare la vendita in piccole strategie di ribilanciamento ben pensate. Tipo, hai un portafoglio 50/50 azionario/obbligazionario, e ogni tre mesi lo riporti a questo equilibrio, vendendo un po’ di questo, comprando un po’ di quello. Così, c’è sempre un motivo dietro ogni mossa, non è un “vabbè, vediamo che succede”.
E poi c’è il lavoro con i miei, che è tutta un’altra storia. Gestire i soldi di famiglia, con tutte le ansie e le insicurezze che si porta dietro, è una sfida a parte. Devi fare in modo che tutto sembri tranquillo, che non ci siano grossi alti e bassi, perché altrimenti è il panico. Quindi anche lì, strategia, ma fatta in modo che trasmetta sicurezza, che faccia vedere che c’è un piano, che ci si sta muovendo con prudenza.
Insomma, fare investimenti con una strategia è un po’ come… non so, cucinare seguendo una ricetta. Può sembrare noioso, perché alla fine ti ritrovi sempre con l’amaro in bocca, pensando “E se avessi fatto di più? E se…?”. Ma è così che deve essere. Se ti diverti troppo, se ti viene la dopamina a palla ogni volta che fai un investimento, probabilmente non stai facendo le cose per il verso giusto. Gli investimenti non sono un parco giochi, sono una cosa seria, che va gestita con la testa, non con la pancia. Ecco, questo è un po’ il mio metodo, la mia filosofia di lavoro.
Da poco ho letto un libro che ho trovato interessante e che riguarda il Goal-Based Investing. Il libro è Goals-Based Portfolio Theory di Franklin J. Parker. Queste metodologie di calcolo degli obiettivi in cui vengono tarati gli strumenti in base alla probabilità di fallimento, è roba che si trova solo nei paper o viene applicata nella realtà?
Partiamo dal fatto che, sai, nei paper tutto sembra bellissimo, scientifico, perfetto. Si presentano alla Consob dicendo, “Guardate che bel lavoro scientifico che abbiamo fatto!”, e sulla carta sembra tutto a posto. Ma quando inizi a mettere queste teorie dentro le piattaforme, ecco che iniziano i problemi. Immagina di codificare tutte queste strategie complesse su fondi che, alla fine, sono super commerciali. E poi, puff, 200.000 bug che spuntano fuori da ogni dove.
E poi c’è tutta questa storia delle forbici gaussiane che vengono adattate, allargate, per far sì che qualsiasi fondo ci entri a pennello. Non è che puoi prendere un fondo azionario americano e trasformarlo in un’obbligazione dei paesi emergenti, ma a volte sembra quasi che facciano magie del genere. Tipo, magari hai un fondo flessibile che ogni tanto si butta su obbligazioni high yield americane super rischiose, ma la piattaforma se ne frega, non lo considera.
E poi ci sono questi fondi a tunnel, i famosi “pic-pac”, che sono diventati la nuova moda perché girano bene sulla piattaforma. Parti con un investimento che sembra tutto tranquillo, 90% monetario e 10% azionario, e poi piano piano lo sposti fino a diventare 80% azionario. Il bello è che, quando lo metti su, la piattaforma lo legge come ultra-prudente perché parte con un’asset allocation conservativa. E quindi tutti contenti, no? Ma poi, cinque anni dopo, quando sei tutto su azionario, beh, quella è un’altra storia.
E questa è la magia: riescono a far passare questi fondi per super sicuri all’inizio, e poi, bam, ti ritrovi in un’altra situazione completamente diversa. E naturalmente, queste cose generano un sacco di commissioni, che è quello che interessa a molti.
Ma il punto dolente, secondo me, è l’uso degli storici. Tutti si basano su questi dati per prendere decisioni, il che è ok finché il mercato non ti fa uno sgambetto e cambia le regole del gioco. Tipo, pensa all’immobiliare che una volta era considerato super sicuro, e poi è arrivata la crisi del 2008 e ha cambiato tutto.
Usare solo i dati storici è un po’ come navigare guardando solo il retrovisore: va bene fino a un certo punto. E poi, gli storici che abbiamo non sono mica la Bibbia, sono solo un’indicazione basata su pochi decenni, e il mondo cambia, i settori cambiano.
Tipo, negli anni ’90, investire nel settore delle telecomunicazioni sembrava la cosa più sicura del mondo perché, che ne so, la gente non smette di usare il telefono solo perché c’è una recessione, giusto? Ma oggi guardi l’indice delle telecomunicazioni e trovi Facebook in cima, che è tutta un’altra storia rispetto a Telecom di una volta.
Quindi, ecco, non è che dico di buttare via tutto lo storico, ma bisogna anche metterci un po’ di sale in zucca, capire cosa stai facendo, non prendere tutto per oro colato solo perché “i numeri dicono così”. E poi ci sarebbe tutta la questione del Bitcoin, ma quella è un’altra storia.
Quali sono gli strumenti/asset che preferisci e quali invece non utilizzeresti mai in nessun portafoglio? In funzione di cosa dosi i vari strumenti in portafoglio e ogni quanto ribilanci il portafoglio (se lo fai)?
Allora, guarda, non è che c’è una regola d’oro che va bene per tutti. Dipende un sacco da chi hai di fronte, dal cliente. Non è che posso andare a infilare azioni a tutti i costi se il cliente non le vuole o se ha una bassa tolleranza al rischio. E poi ci sono quelle obbligazioni che magari uso di meno, o addirittura evito, per via della loro volatilità o perché è un casino calcolare un rendimento equo.
Ho conosciuto dei maghi delle opzioni. Per loro è pane quotidiano, ma io mica posso andare a consigliare roba del genere al risparmiatore medio. Sarebbe come buttare lì complicazioni inutili senza un vero vantaggio. Certo, con le opzioni puoi coprirti, ma ci sono altri modi per farlo, roba più semplice, più alla portata.
E poi, in questo periodo storico, diciamo che gli obbligazionari lunghi hanno ancora il loro perché. Prendi un ventennale europeo, per esempio. In teoria, dovrebbe proteggerti un po’ dalle brutte sorprese del mercato. Se domani il Nasdaq dovesse crollare, probabilmente quell’obbligazione lì salirebbe di valore. Quindi, già lì hai una sorta di copertura, senza dover fare chissà che manovre complicate.
E poi ci sono tutti questi prodotti derivati, i certificati, che sono un capitolo a parte. Spesso c’è un bel conflitto di interessi dietro, con chi li emette che non lo fa certo per amor di gioco equo. Ti fanno storie del tipo: “Ecco, ti do questo certificato che ti garantisce il capitale a meno che non succeda l’impensabile con queste tre aziende che non c’entrano niente tra loro”. Sembra tutto bello e tranquillo, ma poi capire davvero i rischi che corri è un’impresa.
Quindi, ecco, io nei portafogli cerco di tenere un approccio abbastanza equilibrato.
E poi ci sono le questioni fiscali, che non sono da sottovalutare. Certi prodotti vengono spinti perché hanno vantaggi fiscali interessanti, ma questo non significa che siano la scelta migliore dal punto di vista dell’investimento.
Insomma, gestire un portafoglio è un po’ come fare il giocoliere. Devi tenere in aria un sacco di palline, cercando di non farne cadere nessuna, e senza aggiungere complicazioni solo per il gusto di farlo.
Il tuo portafoglio ha mai affrontato una perdita significativa? Come ne sei uscito? Quali lezioni pensi di aver imparato?
Ti dirò, già da giovane mi dilettavo con le azioni. Mia madre mi fece un regalo: delle azioni di ENI quando venne privatizzata e io, ancora ragazzino, mi ritrovai a seguire le quotazioni sul Televideo. Immagina un po’, tornavo da scuola e la prima cosa che facevo era controllare come avevano chiuso le borse.
Poi, crescendo, ho iniziato a fare i miei piccoli investimenti personali. Nel 2006, mi lancio con un portafoglio in ETF. La mia strategia era abbastanza aggressiva, un bel 70% in azionario. Avevo scoperto gli ETF un po’ di anni prima, quando stavo iniziando a lavorare nel mondo della finanza. E tutto sembrava andare per il verso giusto, fino a quando non mi sono ritrovato in mezzo alla tempesta del dot-com e poi di Lehman Brothers. Immagina, da 74.000 euro scesi a 40.000!
Ma sai, in quei momenti ti tieni stretto a quello che hai e vai avanti. Avevo la fortuna che le obbligazioni che avevo in portafoglio stavano scadendo proprio all’inizio del 2009, e con un po’ di liquidità fresca decido di rientrare sul mercato. E lì, amico mio, faccio il colpo grosso con un ETF a leva sul DAX, guadagnando una cifra pazzesca in poco tempo. Ma vedi, è proprio lì che ti prende l’euforia e inizi a pensare di essere invincibile.
E poi arriva la batosta. Decido di giocarmela sul gas naturale, di nuovo a leva, e lì ho preso una cantonata che mi ha fatto perdere un bel po’. Una lezione amara, ma preziosa. Da lì ho capito che certe giocate sono fuori dalla mia portata e ho deciso di stare più sul sicuro, di attenermi a una strategia più prudente.
Ma non finisce qui, perché quando lavori con i clienti, vedi di tutto. Ti racconto di un cliente che aveva puntato tutto sulle obbligazioni argentine e su Pagine Gialle, finendo per perdere cifre da capogiro. E poi ci sono stati i fondi immobiliari chiusi, i diamanti… roba che ha rovinato non poche persone.
E la cosa più triste è quando queste perdite colpiscono duro, fino al punto di rompere rapporti familiari o portare a tragedie personali, come nel caso di quel pensionato di Civitavecchia che ha perso tutto con le obbligazioni di Banca Etruria. Situazioni che ti fanno riflettere sul peso delle responsabilità che abbiamo come consulenti finanziari.
Insomma, nel mondo degli investimenti ho visto un po’ di tutto. E ti dirò, ogni esperienza, buona o cattiva che sia, mi ha insegnato qualcosa. Ma la lezione più grande è stata capire che l’avidità e l’euforia possono essere i tuoi peggiori nemici. E che, alla fine, la prudenza non è mai troppa quando si tratta di gestire i risparmi di una vita.
Per non inciampare in queste casistiche negative cosa consigli?
La cultura finanziaria.
C’è tanta gente che naviga in questo mare senza bussola, senza sapere bene dove sta andando. E non è che non vogliono imparare, eh, è che a volte c’è una certa insicurezza, una diffidenza verso tutto ciò che riguarda la finanza. E allora, cosa si potrebbe fare? Magari, invece di andare alla cieca, si potrebbe pensare di investire, che ne so, 500 euro per una consulenza indipendente. Un check-up del proprio portafoglio da parte di qualcuno che non ha niente da venderti, che non sta lì a cercare di piazzarti l’ultimo prodotto finanziario di turno.
Ma attenzione, eh, anche nel mondo dei consulenti indipendenti ci sono le pecore nere. Ce ne stanno alcuni, magari un po’ giovani, un po’ “pischelli”, che magari vanno matti per i certificati perché hanno trovato la loro “strategia vincente”. Però, diciamocelo, sono una minoranza. La maggior parte di questi consulenti, quelli seri, quelli con un po’ di strada fatta, ti proporranno cose semplici, roba solida e senza fronzoli. Tipo un bel mix di obbligazioni globali e un po’ di azionario mondiale, niente di che, ma almeno vai sul sicuro.
E poi ci sono quelli che ti vengono a dire, “Ah, hai paura delle banche? E allora buttati sui diamanti, tanto sono sicuri, non si svalutano mai”. E ti dipingono questo quadretto idilliaco, dove i diamanti sono la soluzione a tutti i problemi. Peccato che poi, quando provi a rivenderli, scopri che valgono una frazione di quello che hai pagato. E sì, magari alla fine ti rimborsano, ma è tutta una fatica, una lotta, e intanto l’ansia e la frustrazione crescono.
Insomma, la morale della favola è che bisogna fare attenzione. La cultura finanziaria non è un optional, è una necessità, soprattutto in un mondo così complesso e pieno di insidie come quello degli investimenti. E se non te la senti di navigare da solo, meglio affidarsi a qualcuno di serio, che sappia davvero guidarti senza secondi fini. Perché alla fine è meglio spendere un po’ per una buona consulenza, piuttosto che ritrovarsi con un portafoglio pieno di “sorprese” che nessuno vorrebbe mai avere.
In che modo le tue emozioni influenzano la tua pianificazione? Quali pensi siano i bias più insidiosi che hai mai sperimentato e come hanno impattato la tua operatività?
Molte volte, come consulente, ti ritrovi a proporre tu stesso delle soluzioni al cliente, che magari dice di sì perché in fondo non sa bene cosa vuole o cosa aspettarsi. E così si finisce per fare delle scelte un po’ così, senza una vera comprensione degli obiettivi.
Spesso i bias vengono spesso sfruttati in chiave commerciale, un po’ per tenere il cliente “sotto controllo”. Tipo, “Ah, non sei contento? Ma sai, c’è questo bias che… quindi è meglio se rimani investito così come sei”. E qui si apre tutto un discorso sul conflitto di interessi, che è una roba da non sottovalutare.
Però bisogna anche essere onesti: a volte certi bias ci sono per buoni motivi. Tipo, non puoi aspettarti chissà che rendimenti se vuoi stare tutto sul sicuro con i BTP, perché poi arriva un momento di tensione politica e puff, ecco che il tuo sicuro investimento in BTP fa un tuffo.
E poi c’è il bias dell’euforia, che è l’altro lato della medaglia. Quando tutto va bene, è facile sentirsi un genio degli investimenti e magari prendere decisioni un po’ troppo ottimiste. E lo dico per esperienza personale. Anche io, come tutti, mi sono fatto prendere dall’entusiasmo in certi momenti, e poi magari mi sono ritrovato a pensare, “Eh, ma forse ho esagerato”.
Ecco perché mi do delle regole ferree. Tipo, “Ok, il mio portafoglio deve essere 50% azioni e 50% obbligazioni, e basta”. E se mai decido di cambiare questa regola, almeno sono consapevole di quello che sto facendo e me ne prendo la responsabilità. È un po’ come mettersi dei paletti, per non farsi trascinare troppo dalle emozioni o dalle “sensazioni del momento”.
Se tu potessi avere una breve conversazione con il te stesso del passato, su cosa concentreresti maggiormente l’attenzione?
Secondo me, è essenziale darsi delle tappe in base agli obiettivi che uno ha nella vita. Diciamo che a 20 anni magari non pensi ancora al matrimonio, ma potresti iniziare a pensare a comprare una casa intorno ai 30-35 anni. Quindi, mettiamoci un bel primo obiettivo a 10 anni. Poi, una volta che hai la casa, inizi a pensare al prossimo passo, magari una seconda casa o le spese per i figli, e così via, fino ad arrivare a pensare alla pensione.
Ora, un’altra cosa importante è capire bene qual è il tuo livello di sostenibilità. Se hai un reddito basso ma un po’ di liquidità, le cedole o il decumulo finanziario possono essere un’opzione. È una scelta più semplice e ti aiuta a non toccare il capitale, perché puoi spendere solo gli interessi o i rendimenti.
Però se non hai una lira, allora l’accumulo diventa fondamentale. Ogni volta che entrano un po’ di soldi, metti da parte quel che puoi. E un bel metodo che consiglierei a tutti è questo: se guadagni, che ne so, 1000 euro e hai 700 euro di spese fisse, con quei 300 euro rimanenti fai così: 150 euro buttali in divertimento, goditeli senza pensieri, e gli altri 150 mettili da parte per investirli. È una regola di vita che mi sono dato, perché ho visto tanta gente che aveva bei progetti per il futuro e poi una brutta sorpresa e non hanno più potuto realizzarli.
E poi ci sono quelli che vivono di leva finanziaria, che appena hanno un aumento si buttano su un finanziamento per spendere di più. E questo lo vedi spesso anche nel mondo bancario, dove c’è facile accesso al credito e un lavoro relativamente sicuro. Ma non è una strategia che consiglierei, perché alla fine ti ritrovi solo con più debiti.
Quindi, per riassumere: se hai dei soldi extra, investili con prudenza, ma non dimenticarti di goderti la vita. Crea un fondo per il divertimento, per le vacanze, per i corsi, per quei piccoli extra che ti fanno stare bene. E se poi succede qualcosa di imprevisto, hai sempre quel fondo lì pronto a darti una mano. Ecco, questo è un po’ il mio approccio al mondo degli investimenti e alla gestione del denaro.
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