Simone è un appassionato di finanza e, avendo approfondito questo ambito durante gli anni universitari, si dedica attivamente agli investimenti dal 2012. Attraverso il suo canale Scultura Finanziaria, esplora questo settore condividendo la propria esperienza e cercando di creare contenuti utili e pratici che possano fornire gli strumenti necessari per un investimento autonomo e informato, al fine di raggiungere gli obiettivi personali e migliorare il benessere finanziario.
La finanza è fatta per i curiosi, perché non si tratta solo di numeri ma della rappresentazione di tutto quello che accade intorno a noi.
Uno dei suoi video più visti del suo canale che tratta molto bene il tema dividendi.
Parlami di te in breve e di quali sono le scelte che ti hanno portato a condividere le tue esperienze con il resto del mondo attraverso YouTube/Instagram/Blog
Ciao a tutti, mi chiamo Simone, ho 38 anni, sono nato e cresciuto in Umbria, dove risiedo attualmente, però la vita e il lavoro in questi anni mi hanno trascinato in vari luoghi, sia in Italia sia all’estero.
Coltivo la passione per la finanza e per gli investimenti da circa 15 anni da quando, dopo aver concluso il mio primo percorso universitario, ho capito che avrei preferito studiare altro. Mi sono quindi iscritto nuovamente all’università e ho conseguito la laurea in finanza e management, ma forse sarebbe meglio indicare la classe LM-77, dato che i vari atenei ogni anno cambiano i nomi dei percorsi di studio. Successivamente ho continuato ad alimentare il mio interesse, non solo investendo attivamente ma anche divorando libri e proseguendo gli studi con un master in intelligence economica.
L’idea di condividere la mia esperienza attraverso YouTube ha una doppia origine.
Quella principale deriva dall’aver realizzato che potevano essere più diffusi di quanto immaginassi i dubbi e le domande che mi ponevano amici, parenti e colleghi non appena scoprivano che potevo saperne qualcosa di investimenti. Così, considerata la mia passione per questi argomenti, ho pensato che potevo contribuire in qualche modo alla diffusione di una maggiore cultura finanziaria. I primi video infatti servivano soprattutto a rispondere ai vari quesiti che mi venivano posti in ufficio ed è per questo che non seguono un filo logico ma si tratta di argomenti slegati.
La scelta di YouTube è stata invece dettata da una piccola sfida in famiglia e cioè dimostrare come, partendo da zero e senza nessuna precedente esperienza nel mondo digitale, fosse possibile imparare a produrre contenuti che potessero risultare utili, generando al contempo un reddito che, in prospettiva, potesse garantire l’autosufficienza. Ovviamente il canale è ancora lontano da tale traguardo.
Il progetto di Scultura Finanziaria nasce dunque con l’intento principale di fare divulgazione finanziaria in modo serio e (spero) competente per un pubblico vasto, condividendo il mio amore per la finanza. Il canale è ancora giovane e ha ampi margini di miglioramento però di recente sto registrando molti feedback positivi da parte della community e quindi credo di essere sulla strada giusta.
Quali sono le persone che ti hanno influenzato maggiormente negli anni? Quali libri, podcast, white-papers e così via consideri fondamentali nel tuo percorso di investitore?
Nell’ispirarmi a qualcuno cerco di essere molto concreto e realista, deve essere per me un modello raggiungibile. Per questo devo ammettere che ad avermi influenzato maggiormente nel mio percorso non sono stati nomi noti del mondo della finanza ma persone più comuni come alcuni professori o altri studenti che ho avuto il piacere di conoscere durante i miei studi. Alcuni incontri sono stati ovviamente più significativi di altri e credo che il maggiore contributo alla mia crescita come investitore l’abbiano fornito gli insegnanti di investment banking, di risk management e di informatica applicata alla finanza così come alcuni amici del master, in particolare chi di loro per lavoro si occupa di golden power, chi fa l’econometrista e ha lavorato per anni presso la BCE e chi si occupa di reati finanziari.
È forse per questo che sono convinto dell’importanza del confronto che cerco sempre di promuovere anche perché un ambiente in cui le persone condividono gli stessi interessi facilita la crescita reciproca, soprattutto se si mantiene una mente aperta.
Per quanto riguarda i libri, che credo siano la vera base della mia formazione, fondamentali per me sono stati testi probabilmente conosciuti quasi esclusivamente in ambito accademico e che difficilmente verrebbero acquistati da un generico investitore retail. Oltre ai classici manuali di matematica finanziaria, mi riferisco in particolare a vari testi di John HULL come Risk management e istituzioni finanziarie o Opzioni, Futures e altri derivati, perché sebbene spieghino meccanismi e strumenti che l’investitore medio può tranquillamente ignorare mi hanno fornito dei punti di riferimento solidi per sviluppare vari ragionamenti soprattutto relativamente alla gestione del rischio.
Passando invece a letture più classiche, i libri che mi hanno condizionato maggiormente, che poi sono tutti in inglese e che ho “consumato” davvero tanto tempo fa ormai, sono stati The millionaire next door, probabilmente perché è forse il primo che io abbia mai letto sul tema finanza personale e risparmio, e poi tutti quelli che trattano della psicologia di un potenziale investitore, su tutti The Black Swan e Fooled by Randomness di Taleb ma ci sono molti altri, potrei citare anche The Psychology of Money o Animal Spirits.
Parliamo di pianificazione: quali sono i tuoi obiettivi principali? Come allinei la tua strategia di investimento ai tuoi obiettivi di breve, medio e lungo termine? Quali pensi siano i fattori che determinano il successo sul lungo termine?
Le prime due domande sono abbastanza critiche per me, la prima in particolare, essendo oggetto di vari “scambi di vedute” con mia moglie. Mi spiego meglio ma vorrei prima di tutto sottolineare quanto sia fondamentale per me che ogni scelta di investimento sia guidata da un obiettivo, che non può mai essere generico e che, ovviamente, per due diversi investitori non può mai essere lo stesso. Per questo ho una reazione a metà tra irritazione e demoralizzazione quando mi viene chiesto “conviene?” o quando trovo la stessa espressione nei titoli dei video di moltissimi canali YT che vogliono, evidentemente, attrarre click e difficilmente veicoleranno un’informazione corretta. Il concetto di “convenienza” impone che ci sia un termine di paragone quindi la domanda corretta dovrebbe essere “MI conviene?”, o meglio, “questa scelta d’investimento ha senso rispetto agli obiettivi che ho fissato?”. Ogni investitore deve fare i propri ragionamenti ed elaborare le proprie risposte e, secondo me, il compito di chi vuole fare divulgazione finanziaria è offrire degli strumenti proprio per promuovere quei ragionamenti.
Gli obiettivi poi possono cambiare e i propri investimenti dovrebbero adattarsi di conseguenza. Per questa ragione in questi anni il mio portafoglio è passato per varie fasi. I primi due anni circa della mia carriera da investitore sono stati dedicati quasi totalmente alla sperimentazione. Non si può neppure dire che investissi davvero perché di fatto usavo i mercati per comprendere meglio quello che stavo studiando. Successivamente mi sono concentrato sulla massimizzazione del rendimento mentre le scelte d’investimento più recenti sono state dettate, quasi esclusivamente, da obiettivi di breve e medio termine tutti connessi con esigenze famigliari: acquisto della casa, ristrutturazione, cambio dell’auto, conseguente all’allargamento della famiglia, e matrimonio. Si tratta di spese che si sono concentrate tutte nell’arco di tre anni ma che sono state pianificate in anticipo. Per me e per mia moglie è stato indispensabile definire i vari obiettivi cercando di comprendere cosa desiderassimo, quanto costasse esaudire tali desideri, quanto tempo fosse necessario per disporre del capitale sufficiente e, soprattutto, se fossimo in grado di realizzare tutto quello che ci eravamo prefissati. Però, dato che come affermava Eisenhower “i piani sono inutili ma pianificare è indispensabile” dal momento che anche la migliore pianificazione non può considerare tutte le variabili possibili, siamo riusciti a raggiungere i nostri obiettivi solo calcolando preventivamente un adeguato scostamento. È chiaro come esigenze di questo genere impongano di agire sulla volatilità del portafoglio e sull’esposizione al rischio e come distolgano l’attenzione da traguardi più lontani nel tempo.
Per fare un esempio più concreto su come, per me, gli investimenti dovrebbero adattarsi ai propri obiettivi, al momento di acquistare casa – operazione che ho trattato come fosse un investimento cercando di anestetizzarmi dall’emotività – potevo contare su un portafoglio costruito per garantirmi il pagamento di tutte le rate del mutuo senza gravare sulle normali entrate mensili. Appurata la sostenibilità delle rate, comunque non elevate grazie a un TAEG fisso dello 0,75% per 25 anni, e avendo ormai affrontato tutte le maggiori spese della vita di un italiano medio, nei successivi due anni ho ribilanciato totalmente il mio portafoglio che ora è orientato solo al lungo termine e alla massimizzazione del rendimento (con quello che ne consegue in fatto di rischio). Il mio obiettivo oggi è la gestione e la crescita, l’unico traguardo che mi sono posto è il raggiungimento di un determinato valore entro una certa data. Riconosco tuttavia che dovrei fare qualche riflessione più approfondita al riguardo.
Qui nascono le diatribe con mia moglie. Perché mentre io sono più orientato al futuro, lei è più concentrata sul presente. Rifletto molto su tali differenti prospettive e per questo credo che ogni scelta finanziaria, come consumare, risparmiare o investire, sia un esercizio sulla gestione del tempo.
Per il successo sul lungo termine invece non ho molti dubbi. Sono convinto che il segreto siano disciplina e pazienza. Suonerà forse troppo romantico ma la verità è che investire è un viaggio dentro sé stessi e bisogna lavorare molto sul proprio modo di ragionare, sulla propria personalità e sugli scherzi che spesso ci giocano le nostre emozioni, per questo bisogna allenarsi ad avere un certo distacco.
Quali sono gli strumenti/asset che preferisci e quali invece non utilizzeresti mai in nessun portafoglio? In funzione di cosa dosi i vari strumenti in portafoglio e ogni quanto ribilanci il portafoglio (se lo fai)?
Sono stato per lungo tempo un amante delle obbligazioni, in assoluto l’asset class che mi ha dato le maggiori soddisfazioni fino a oggi. Potrebbero sembrare degli strumenti noiosi ma non lo sono perché dietro ogni bond c’è un’emittente, e ogni emittente è diverso dall’altro e richiede analisi e studio. Inoltre l’esame del titolo non può prescindere dalla considerazione di molti altri fattori, come ad esempio il settore in cui opera la società, se si tratta di obbligazioni corporate, o del contesto geopolitico, se parliamo di titoli di stato. Va poi compresa la fase del ciclo economico in atto e molto altro. Insomma, dal mio punto di vista i bond possono essere tanto affascinanti quanto le azioni che sono considerate, correttamente, la regina delle asset class finanziarie.
Forse ora la mia affermazione sarà un’aberrazione per tanti ma ci sono obbligazioni che possono essere trattate alla stregua di azioni. Inoltre la creatività degli emittenti si è tradotta in una personalizzazione tale dei titoli di debito emessi per finanziarsi che si tratta più di certificati mascherati da obbligazioni che di bond veri e propri.
Però ogni investitore con il tempo si evolve e, mentre agli albori dei miei investimenti l’azionario non faceva proprio per me anche per degli errori legati a scelte troppo emotive, oggi il mio portafoglio è composto da un buon 70% da azioni singole, risultato delle posizioni aperte circa due-tre anni fa.
Come ti dicevo però, gli investimenti devono essere funzionali ai propri obiettivi e, aggiungo, al tempo che si riesce a dedicare che, sottolineo, non equivale ad aumentare il numero di operazioni effettuate ma significa semplicemente potersi dedicare ad analisi più accurate, specialmente quando si parla di singole stocks.
Per questo motivo quello che sto cercando di fare ora, avendo sempre meno tempo a disposizione, è smontare alcune posizioni e semplificare l’asset allocation privilegiando gli ETF come strumento d’investimento.
L’asset che invece non ho mai avuto nel mio portafoglio è l’oro. Non dico che lo escludo del tutto, semplicemente nutro forti dubbi sul reale vantaggio di inserirlo tra le proprie posizioni e so che ci sarà chi sosterrà la tesi della mitigazione del rischio, d’altronde anche Ray DALIO lo prevede nel suo All Weather. Per il resto cerco di rimanere molto aperto, per anni ho evitato le criptovalute ma è qualche mese che sono presenti tra i miei investimenti, così come non ho mai amato i fondi pensione sui quali avevo fatto anche delle simulazioni che mi avevano condotto alla conclusione che sarebbe stato preferibile per me non sottoscriverne, eppure dallo scorso anno utilizzo anche questo strumento, soprattutto per ragioni fiscali.
Quindi il peso dei vari strumenti o asset varia nel mio portafoglio in base agli obiettivi e al tempo che riesco a dedicare. Se in passato la preferenza per i bond era giustificata dall’esigenza di mitigare il rischio e da obiettivi temporalmente ben delimitati, oggi le stesse scelte avrebbero poco senso e per questo il mio portafoglio è fortemente sbilanciato sull’azionario. In questo periodo tendenzialmente non ribilancio salvo sfruttare delle correzioni importanti che regalano delle occasioni. Questo è il motivo per il quale seguo i mercati ogni giorno anche se non ho mai superato le 20-30 operazioni annue almeno dal 2021.
Il tuo portafoglio ha mai affrontato una perdita significativa? Come ne sei uscito? Quali lezioni pensi di aver imparato?
Credo sia fisiologico registrare delle perdite quando si investe e diffido sempre da chi esalta solo i propri mirabolanti risultati che il più delle volte, approfondendo, sono più una conseguenza della fortuna che di scelte consapevoli e informate.
Quello che invece credo essere importante quando si è in loss è, in ordine sparso: l’entità della perdita, il motivo per il quale si è registrata, la comprensione dell’errore (perché di errore si tratta dato che non credo nessuno investa per perdere denaro) e, soprattutto, la propria reazione.
Quindi, parlando di errori, sono due le occasioni emblematiche in cui ho registrato delle perdite significative riuscendo a sbagliare in maniera eclatante.
La prima è legata al referendum sulla Brexit. È il 24 giugno 2016, il giorno successivo alle votazioni, e i risultati confermano la volontà degli inglesi di abbandonare l’Unione Europea. Il FTSE MIB crolla di oltre il 12%, una delle piazze peggiori in Europa anche per il peso dei titoli bancari. Avevo 30 anni e troppa audacia considerata l’inesperienza, nel mio portafoglio c’erano azioni singole di Unicredit e Intesa e semplicemente i miei nervi non hanno retto e ho venduto nella paura di poter registrare perdite maggiori. La classica scelta fatta sull’onda dell’emotività.
Il secondo episodio riguarda la chiusura di un ETC da parte dell’emittente. Per anni ho seguito il mercato delle commodities concentrandomi su petrolio e gas naturale e, devo dire, che ero arrivato ad accumulare delle buone conoscenze orientandomi con disinvoltura nel settore. Al termine del master, avevo ricevuto anche un endorsement dall’università per un’interessantissima posizione in Eni, per la quale, purtroppo, erano richieste anche delle competenze che non avevo mai sviluppato. Avevo aperto una posizione lunga in un ETC a leva che aveva come sottostante il WTI basando la mia scelta sulla non sostenibilità del prezzo del barile per l’industria americana dello shale che aveva bisogno di un breakeven maggiore rispetto al mercato. La posizione era in forte perdita ma vedere un rendimento a doppia cifra preceduto dal segno meno non era per me motivo di preoccupazione dato che fondavo la mia scelta su un’analisi ben precisa. L’emittente chiude l’ETC a marzo 2020 quando il prezzo del barile girava intorno ai 20$ e perdo il 90% del capitale investito. Nei dodici mesi successivi la quotazione è più che triplicata. Ovviamente la salita è stata determinata da vari fattori ma la serie di fallimenti di molte società made in USA che avevano cercato di cavalcare il business quando i prezzi erano elevati è sicuramente stato un driver per la risalita del barile. Previsione corretta, timing errato dovuto soprattutto all’aver sottostimato la resilienza del mercato.
In entrambe le occasioni ho gestito le minusvalenze registrate andandole a compensare con altre operazioni. Ho chiuso alcune posizioni nei quattro anni successivi solo per sfruttare il vantaggio fiscale e i due episodi mi sono serviti a farmi una cultura sulla gestione delle predite, un aspetto che ritengo importantissimo e che troppo spesso viene sottovalutato.
Le lezioni che ho appreso riguardano principalmente la gestione delle emozioni e dei propri bias, uno dei temi che mi affascina di più quando si parla di scelte d’investimento. Inoltre ho imparato che provare a prevedere l’andamento futuro di un settore così complesso e condizionato da variabili infinite e impossibili da anticipare è un esercizio che per quanto possa affascinare ha un rapporto costo/opportunità sfavorevole. Detto altrimenti, non ne vale la pena e, al massimo, si può pensare di riservare solo una parte marginale dei propri investimenti a tali operazioni. Sarebbe stato comunque molto più intelligente aprire la stessa posizione e proteggersi con delle opzioni o sviluppare una strategia più strutturata.
In questi anni, e soprattutto di recente tra pandemia e guerre varie, ho visto il valore del mio portafoglio oscillare in maniera significativa più volte e ormai ho imparato a controllare l’emotività, o almeno lo faccio sicuramente meglio di prima, ma questo è il risultato dell’esperienza accumulata grazie agli errori passati.
In che modo le tue emozioni influenzano la tua pianificazione? Quali pensi siano i bias più insidiosi che hai mai sperimentato e come hanno impattato la tua operatività?
Mi sforzo molto per non effettuare scelte finanziarie emotive o irrazionali ma devo dire che l’idea che mi distrae di più ultimamente è legata al tempo, anche per l’effetto di alcune conversazioni con mia moglie che, da più di una prospettiva, ha le sue valide ragioni. Credo sia universalmente riconosciuto come sia il tempo uno dei più importanti fattori a contribuire in modo significativo al rendimento dei propri investimenti, in ragione del fatto che l’economia tende sempre a crescere come risultato dello sforzo competitivo di tutti i soggetti economici. Se si considera però la durata della propria vita da investitore ci si rende conto che anche estendendola fino a 50 anni, dai propri 20 ai propri 70 anni, attendere vari lustri prima di ottenere risultati significativi è comunque un lusso costoso, considerando che nella maggioranza dei casi all’inizio non si dispone di grandi capitali da investire immediatamente e che il patrimonio va costruito. Il prezzo da pagare per l’attesa di vedere i propri investimenti crescere nel tempo è la rinuncia a tutto quello che si può fare impiegando il proprio denaro, soprattutto in termini di esperienze, e quando il portafoglio è tale da permettere un certo grado di benessere magari non si è nelle condizioni di beneficiarne. Tutto questo è riassunto in una sola frase da mia moglie: siamo “giovani” oggi!
Riconosco che quest’idea mi condiziona nelle mie scelte perché negli ultimi anni ho cercato di prediligere, consapevolmente, posizioni che potessero garantirmi un ritorno già nel breve periodo. Esercizio tanto complesso quanto rischioso e il fatto di aver registrato ottime performance nonostante i cali conseguenti alla pandemia e alla guerra russo-ucraina non diminuisce la dimensione di quanto sia condizionato da questo fattore che mi influenza anche in un altro modo: tendere a reinvestire sempre e a considerare male altri impieghi.
Invece, passando ai bias che ho avuto modo di sperimentare, credo il framing effect sia uno dei più insidiosi perché il modo in cui le informazioni vengono formulate e presentate può influenzare in modo molto potente le nostre percezioni, come hanno dimostrato Paul Samuelson, Nobel per l’economia nel 1970, o Daniel Kahneman, Nobel per l’economia nel 2002 e il cui Thinking, Fast and Slow dovrebbe essere presente in ogni libreria fisica o digitale che sia.
Nel tempo ho individuato delle soluzioni per mitigare le conseguenze di questo bias. Ad esempio, quando sono interessato a un titolo ma non riesco a focalizzare bene le informazioni disponibili, spesso apro delle posizioni che hanno un peso ridottissimo sul mio portafoglio così da impormi un confronto più consapevole ma con il giusto distacco per il rischio minimo di perdita in caso di un errore di interpretazione. So che si tratta di un’operazione costosa per via delle commissioni pagate ma il beneficio deriva dal non commettere errori maggiori nel caso di acquisti più rilevanti che poi potrebbero risultare basati su scelte viziate. Mi rendo conto infatti che un’esperienza diretta offre una maggiore consapevolezza. Anche nutrirsi da varie fonti (autorevoli) è un ottimo modo per ridurre gli effetti del contesto.
La lettura, anche in questo caso, è fondamentale.
Se tu potessi avere una breve conversazione con il te stesso di 10 anni fa, su cosa concentreresti maggiormente l’attenzione?
Se potessi intavolare una conversazione con il me stesso di 10 anni fa credo che mi concentrerei sulla gestione di sé stessi come investitori. Investire coinvolge molti aspetti della propria personalità, soprattutto quando si è più giovani ma il nostro cervello continua a giocare molti scherzi anche quando pensiamo di essere più maturi e di avere maggiore esperienza. L’impazienza, l’avidità, sovrastimare le proprie capacità, essere condizionati da notizie e opinioni altrui, avere il timore di perdere delle opportunità sono solo un esempio di quanti fattori impattino sulle nostre scelte di investimento. Quindi al mio io più giovane direi di restare calmo, informarsi e documentarsi, ragionare su quali sono i propri obiettivi, focalizzarsi su di essi e decidere sui propri investimenti di conseguenza. Il bravo investitore non è necessariamente chi ottiene rendimenti maggiori con rischi minori ma chi ponendosi degli obiettivi riesce a conseguirli tutti.
Simone, ti ringrazio per avermi invitato e spero di aver suggerito qualche spunto di riflessione ma ora avrei io una domanda per te: perché non rispondi anche tu alle stesse domande? Sarebbe sicuramente una straordinaria opportunità di confronto e crescita.
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