Un dilemma annoso che si trovano ad affrontare i risparmiatori alle prime armi è se esistono investimenti sicuri, ossia investimenti dove il rischio del capitale è zero. In parole povere, investimenti nei quali abbiamo la certezza che il nostro capitale a scadenza sia maggiore del capitale investito.
Per capire se esistono investimenti a rischio zero occorre però capire quali rischi occorre azzerare.
Rischio sistematico
Come abbiamo visto negli articoli dedicati al calcolo del rischio di portafoglio ( Parte1 Parte2 Parte3 ), nella Moderna Teoria del Portafoglio il rischio è espresso come volatilità ed è calcolato utilizzando la deviazione standard, ossia quanto i prezzi si discostano dalla media dei rendimenti nel tempo. Il rischio misurato attraverso questo metodo è il rischio sistematico, ossia il rischio associato all’andamento del mercato nel complesso (vedi crisi dei mutui subprime del 2008, covid, bolla dot-com e così via).
Esistono tuttavia diverse tipologie di rischio e limitarsi al mero andamento di un portafoglio titoli espresso come rapporto volatilità/rendimento non tiene di conto di altri rischi molto importanti per un investitore.
Rischio specifico
Come abbiamo visto precedentemente, un altro rischio che un investitore si trova a dover affrontare durante la scelta dei titoli da inserire in portafoglio è il rischio specifico, ossia il rischio di focalizzarsi troppo titoli di settori specifici o addirittura su singole azioni. Questo rischio può essere gestito con la diversificazione.
Facendo un banale esempio, un investitore A detiene solo azioni Apple e un investitore B un ETF azionario diversificato che replica l’andamento dell’indice S&P500, contenente le 500 aziende più capitalizzate in USA. Se Apple subisce un crollo delle proprie azioni del 50%, l’investitore A subirà una perdita del 50% del proprio capitale, mentre l’investitore B subirà una perdita molto più contenuta o, addirittura, potrebbe non subirne affatto se altre aziende nello stesso periodo hanno risultati ottimi, inversamente ad Apple.
Rischio emittente
Un altro rischio da tenere di conto quando si acquistano strumenti finanziari è il rischio dell’emittente. Se acquistiamo titoli da un emittente poco affidabile o con dei bilanci poco solidi, rischiamo di rimanere con un pugno di mosche in mano. Per esempio, acquistare azioni o obbligazioni corporate di aziende a rischio fallimento, per quanto possa essere interessante la prospettiva di un rendimento eccellente nel breve termine ci espone al rischio che l’emittente fallisca. Nel caso delle azioni i nostri soldi non li rivedremo più, mentre nel caso di titoli di debito ci metteremo in coda e aspetteremo con tutti gli altri creditori che vengano avviate le procedure fallimentari per l’azienda in questione.
Rischio d’interesse
Quando investiamo in titoli di stato, ci esponiamo al rischio che le banche centrali aumentino i tassi di interesse. Stessa cosa, se investiamo in obbligazioni corporate c’è il rischio che l’azienda che ha emesso i titoli di debito remuneri eventuali nuove emissioni ad un tasso più alto, facendo svalutare quelle in nostro possesso, rendendole meno appetibili sul mercato.
In questo caso, per ridurre l’esposizione al rischio d’interesse, si consiglia di acquistare obbligazioni con duration brevi in quanto quelle a lunga scadenza tendono ad essere più volatili ed a subire maggiormente eventuali variazioni dei tassi. La spiegazione è semplice: se possediamo un’obbligazione a 30 anni con un tasso di remunerazione del capitale del 2% e la banca centrale aumenta i tassi al 3%, verranno emessi nuove obbligazioni a 30 anni con una remunerazione del capitale più alta rispetto al titolo che possediamo. Questo fa svalutare il titolo che possediamo. Se invece acquistiamo titoli di debito di durata più breve, la “rotazione” sarà molto più veloce pertanto il valore di questi titoli tenderà ad essere più stabile anche a seguito di un aumento dei tassi. Tanto più la durata è breve, tanto più l’obbligazione è meno volatile.
Rischio di credito
Sempre in ambito titoli di debito, il rischio di credito è il rischio che l’emittente non paghi le cedole e/o non rimborsi il capitale a scadenza.
Questo può avvenire sia per obbligazioni corporate sia per titoli di stato. Quando parliamo di default di uno Stato, significa appunto che quello Stato non riesce a remunerare una tranche di emissioni di titoli di debito in mano agli investitori. Questo ha impatti enormi sulla credibilità del paese e mina la solidità economica dello stesso, come è successo più volte all’Argentina se guardiamo alla storia recente.
In questo caso, un indicatore di rischio è il cosiddetto rating delle varie agenzie, che serve a fornire un’indicazione agli investitori circa la solidità e il conseguente rischio default di un paese.
Rischio di liquidità
Il rischio di liquidità è il rischio di non riuscire a vendere il titolo in nostro possesso sul mercato, perché non è considerato appetibile o perché il volume degli scambi (turn-over) di quel titolo è molto basso. Quando acquistiamo uno strumento finanziario è buona norma guardare il volume degli scambi di quello strumento. Uno strumento molto scambiato è anche detto liquido. Questo ci consente di venderlo sul mercato in tempi più brevi, riducendo o annullando il rischio di liquidità.
Rischio di mercato
Il rischio di mercato è la probabilità di ottenere un rendimento sul nostro portafoglio inferiore a quello atteso. Più uno strumento è volatile, più il rischio di mercato aumenta. Le azioni, nel breve termine, sono molto più volatili di titoli di stato a breve termine di paesi solidi, pertanto acquistandole ci esponiamo ad un rischio di mercato più elevato.
Fatta questa dovuta spiegazione delle varie tipologie di rischio, passiamo quindi vedere quali investimenti possono essere considerati sicuri.
Intanto, un investimento sicuro è un investimento che minimizza i rischi sopraelencati. Avete letto bene, ho scritto minimizza. Questo perché per definizione non esistono investimenti veramente sicuri al 100%. Pur minimizzando tutti i rischi del mondo, alcuni non riusciremo mai ad annullarli.
Tuttavia, ci sono investimenti che remunerano il capitale con un certo grado di sicurezza e i rischi connessi a tali attività sono minimi.
Conti deposito
I conti deposito sono investimenti che possiamo considerare ragionevolmente sicuri. Fate sempre attenzione al fatto che la banca aderisca al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e di non depositare più di 100.000€ per singolo conto deposito in modo da rimanere tutelati dal Fondo in caso di fallimento della banca.
Certo è che la remunerazione del capitale, pur essendo praticamente certa, è molto bassa, anche in relazione al fatto che i tassi di interesse solitamente vengono aumentati quando l’inflazione è galoppante proprio per frenarne l’effetto, quindi vi ritroverete a vincolare il capitale per anni con un interesse piuttosto risicato, che molto probabilmente non tiene al riparo il capitale dall’inflazione, ma ne mitiga solo parzialmente l’effetto.
Titoli di stato a breve durata
I Titoli di Stato di paesi considerati solidi sono un altro investimento sicuro. Più il paese è considerato solido a livello internazionale, più i rischi si riducono e minore è la remunerazione del capitale. Come per tutti gli altri investimenti, valutare un trade-off rischio/rendimento è sempre buona cosa, ma se ci si orienta sull’acquistare titoli di stato è perché si vuole la certezza del capitale e, come ho già scritto su altri articoli, personalmente preferisco orientarmi su un bund tedesco piuttosto che su un BTP.
Accetto un rendimento più basso ma acquistando un BTP mi espongo ad un incremento del rischio duplice: aumento il rischio specifico in quanto lavoro in Italia, ho immobili in Italia e se ci dovesse essere una crisi a livello nazionale ne subirebbero anche i miei investimenti; contestualmente, aumento il rischio di credito, in quanto l’Italia ha un debito pubblico enorme e a livello internazionale è considerato un paese in cui è più rischioso investire rispetto, per esempio, alla Germania, considerata più solida.
Nel mondo degli investimenti e della valutazione d’azienda, esiste quello che viene definito risk-free rate, ossia il tasso di interesse di titoli di stato di paesi tripla A, considerati tra i più solidi a livello globale. In Europa possiamo considerare risk-free rate il bund tedesco a breve durata. A livello globale solitamente si prende come riferimento il treasury a 5 o a 10 anni (lo stesso Aswath Damodaran in molti suoi calcoli prende come riferimento per il risk-free rate il rendimento del treasury a 10 anni).
Le azioni sono investimenti sicuri?
Si lo so, ho scritto che le azioni sono rischiose, che ci esponiamo al rischio di mercato e di fluttuazione dei prezzi, che le aziende falliscono e rischiamo di veder volar via tutti i nostri soldi.
Ma la verità è che un investimento azionario su un fondo a gestione passiva o un ETF opportunamente diversificato (quindi che replica l’andamento di un indice azionario globale) detenuto per un periodo di 20 anni o più ha una probabilità storica e calcolata praticamente nulla di arrivare a scadenza del periodo con un capitale inferiore rispetto a quello investito.
Tradotto: negli ultimi 100 anni non è mai successo che, a prescindere dal periodo storico analizzato, un investimento azionario diversificato a livello globale chiudesse dopo 20 anni in perdita.
Qua trovate l’articolo in cui ne parlo. L’unico periodo di vent’anni per cui il vostro investimento azionario avrebbe chiuso in perdita è il periodo 1912-1932. Nel mezzo però ci sono stati la prima guerra mondiale e la grande depressione, la più disastrosa crisi finanziaria della storia americana.
Come ho detto poco prima, ogni volta che investiamo ci esponiamo a dei rischi. Il rischio è collegato a qualunque attività futura, perché il futuro è, per definizione, incerto.
Quello che dobbiamo fare è cercare di minimizzarli il più possibile ma, soprattutto, trovare un buon trade-off tra rischio e rendimento. Investire in conti deposito non ci permette di far fruttare il nostro capitale in modo tale da andare in pensione sereni, a meno di non disporre di patrimoni molto importanti dove anche un 3% annuo ci è sufficiente (ma qui si aprirebbe un mondo, visto che parliamo di patrimoni di milioni di euro dove fare all-in su conti deposito non è certo la scelta più saggia).
L’azionario di contro non ci garantisce niente ma ci dà la ragionevole quasi-certezza di arrivare tra 20 o 30 anni con un capitale sufficiente per andare in pensione sereni, avendo fatto lavorare l’interesse composto sui nostri versamenti periodici, tarati su misura in base alle nostre capacità di risparmio.
Se questo vi sembra poco, le società di trading sono ben contente di accettare nuovi scommettitori, ma la filosofia YOLO non funziona benissimo in questo mondo.
Grazie per la lettura.
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