L’Italia è un paese finanziariamente analfabeta. Non lo dico io ma i vari report dell’OCSE e della Banca d’Italia. E comunque, senza voler scomodare troppo i vari enti, ce lo dice tranquillamente anche Google. Queste le ricerche in Italia per le parole chiave “trading” e “investimenti” negli ultimi 12 mesi.
Quando pensiamo ai mercati finanziari ci vengono subito a mente le parole speculazione e guadagni facili.
Non è un caso che i più giovani si approccino al trading perché cercano un modo per fare soldi rapidamente. La cosa peggiore è che è la verità: il trading permette di fare soldi velocemente rispetto a tante altre attività. Se però riuscite ad uscirne vincenti. E il 95% degli investitori retail non ne esce vincente.
#1 Il trading è un gioco a somma zero
Questa frase è come un mantra del mondo del trading: “Trading is a zero sum game“.
Il concetto di gioco a somma zero nasce dalla Teoria dei Giochi di John Nash e significa molto semplicemente che la vittoria di uno equivale alla sconfitta per un altro. Il trading è considerato un gioco a somma zero in quanto in un dato momento coloro che scommettono su un determinato risultato vinceranno o perderanno quello che altri hanno scommesso sul risultato opposto. Pensiamo a due trader che scommettono sulla stessa azione la stessa quantità di denaro, ma il primo pensa che il prezzo di quell’azione salirà mentre il secondo che scenderà. Il prezzo di quell’azione varia a causa degli scambi effettuati in ogni momento e in un determinato lasso di tempo uno dei due trader avrà avuto ragione e un altro torto. Il primo intascherà un guadagno e l’altro subirà una perdita.
Questa visione è molto semplicistica per due motivi.
Volumi, non individui
Il primo è che fino ad ora abbiamo ragionato per individui ma dobbiamo ragionare per volumi di scambio. Sui mercati operano gli investitori istituzionali (cosiddetti smart money, denaro intelligente) che muovono volumi molto più elevati di quelli mossi da investitori privati. Vien da sé che se un investitore istituzionale muove da solo quello che muovono in media mille investitori privati e il primo ha ragione e gli altri torto (e accade la stragrande maggioranza delle volte), l’investitore istituzionale si papperà quello che migliaia di investitori privati hanno messo sul piatto. Nel trading non c’è la serie A e la serie B. Quando decidete di entrare, entrate direttamente in Champions League e giocate contro Cristiano Ronaldo e Messi.
Il secondo problema è che il trading è più un gioco a somma negativa che a somma zero. Questo perché tra commissioni da pagare al broker, spread bid-ask, slippage e via dicendo se vincete 100 non intascate 100.
#2 L’analisi tecnica non viene usata perché funziona, ma funziona perché viene usata
Uno dei cavalli di battaglia utilizzato da molti venditori di aria fritta è che basta imparare a tracciare una resistenza e un supporto su un grafico e si può iniziare ad operare sui mercati.
Il problema è che supporti e resistenze, medie mobili, oscillatori, zone di ipercomprato e ipervenduto funzionano perché vengono usate e non vengono usate perché funzionano. Fare trading significa saper interpretare il comportamento della maggioranza in anticipo. Potete farlo guardando i prezzi, le medie, la forza dei trend, i volumi di scambio o i cicli lunari (chi conosce William Gann sa di cosa sto parlando). Ma se vi dimenticate anche per un momento che il grafico che state osservando non è altro che una rappresentazione delle aspettative le persone nei confronti di quel titolo, avete perso in partenza.
E come se non bastasse, c’è la difficoltà ulteriore che il mercato è il crocevia di un unico interesse (fare soldi) distribuito su orizzonti temporali diversi. Alcuni vogliono far soldi facendo scalping (minuti), altri day trading (ore), altri swing trading (giorni), altri ancora potrebbero mantenere posizioni per settimane, mesi, anni. Tutte queste persone si troveranno a fare operazioni in qualsiasi momento della giornata con diversi obiettivi temporali. E’ un caos di interessi e aspettative estremamente difficile da sbrogliare.
L’analisi fondamentale
Se pensate che questi problemi non vi riguardino perché siete soliti fare trading utilizzando l’analisi fondamentale, lasciate che vi dica una cosa. Non mi basterebbero le dita di un esercito per contare le volte nelle quali una commodity come il petrolio o il gas naturale si è mosso in maniera diametralmente opposta rispetto a quanto si aspettavano gli investitori a valle di un report delle scorte. Ho visto casi di scorte positive e prezzo che si muoveva a rialzo per poi contrarsi, al ribasso per poi esplodere, che assorbiva la notizia a volte in 10 minuti a volte in giorni e così via. A posteriori siamo tutti bravi a raccontarci i perché e i percome (hindsight bias). Il problema è che quando siamo dentro al mercato e abbiamo messo sul piatto anche le mutande, il rivolo di sudore che vi bagna la schiena è tutt’altro che piacevole.
E la dimostrazione del fatto che l’attività di trader non è standardizzabile viene proprio dal trading meccanico.
I trading systems non sono né eterni né “trasportabili”
Il trading meccanico è quella branca del trading il cui scopo è quello di costruire trading systems profittevoli che facciano il lavoro al posto dell’operatore. L’enorme vantaggio sta proprio nel fatto che si depura l’attività dai bias comportamentali. Al trader è richiesto essere il più possibile freddo e distaccato e di seguire alla lettera il sistema che ha opportunamente testato. Chi meglio di una macchina può fare questo mestiere?
Sembrerebbe quindi che una volta trovato un trading system che funziona e dato in pasto ad un calcolatore possiamo andare in spiaggia sorseggiare mojito.
Purtroppo la realtà è ben diversa.
Primo perché i trading systems sono difficilmente applicabili ad altri titoli rispetto a quello sul quale lo abbiamo pensato. Se trovassi un sistema che funziona sul cambio Euro Dollaro dubito sarebbe applicabile ad una qualunque commodity, come oro o grano.
Secondo e ben più importante problema, i trading systems “scadono“. Posso trovare un sistema di trading che funzioni, ma una volta avviata la macchina può darsi che tra 15 giorni, un mese, sei mesi non sia più profittevole. Ritornando al discorso del comportamento umano, un trading system funziona in maniera estremamente semplice: l’operatore che lo ha ingegnerizzato ha saputo interpretare il comportamento dei trader di un determinato asset e ha trasformato quel comportamento in regole da dare in pasto ad un software. Ma non c’è certezza circa il fatto che quelle regole non possano cambiare. Anzi è praticamente certo che lo faranno e quando lo faranno quelle regole diventeranno inefficaci.
Non è un caso che chi fa trading meccanico abbia tutta una serie di trading systems che monitora e ruota in base alla profittabilità che hanno sul mercato. E’ un lavoro a tempo pieno.
#3 I broker
L’ho messo come terzo punto ma sono fermamente convinto che i broker siano la causa principale per la quale gli investitori privati perdono soldi sui mercati.
Premessa: non ce l’ho con tutti gli intermediari.
Esistono due tipologie di broker che danno accesso al mercato:
- i broker Electronic Communications Network (ECN): offrono accesso diretto al mercato comunicando direttamente al Liquidity provider l’apertura o la chiusura di una determinata posizione. Applicano spread molti bassi, ma si fanno pagare delle commissioni;
- i broker Market Maker: creano una sorta di mercato parallelo fornendo le loro quotazioni maggiorate da spread, non applicano commissioni, ma operano da controparte per l’investitore.
Per i pignolazzi (cit. Prof. Coletti) devo aggiungere che esistono anche broker definiti Straight Through Processing (STP). Questa tipologia di broker è un ibrido tra le due precedenti, ossia operano come ECN, ma in caso di mancanza di copertura (ossia quando l’ordine non viene parzialmente o totalmente eseguito per mancanza di controparte) possono operare come Market Maker e fare loro stessi da controparte per l’esecuzione dell’operazione.
Mettendo da parte un attimo costi e tempistiche di esecuzione, i broker ECN fanno da tramite tra noi e il mercato, mentre i Market Maker aprono posizioni in controparte alla nostra. Di fatto quindi scommettono contro di noi.
I Market Maker nel trading
Quando parlo di broker come causa principale della perdita dei soldi sui mercati mi riferisco proprio ai broker Market Maker.
Alcuni mi contesteranno il fatto che non possiamo incolpare la Colt se Alec Baldwin ha ucciso la direttrice della fotografia sul set di “Rust” e in questo posso essere d’accordo.
Ma nel momento in cui:
- offri una piattaforma di trading iper semplificata e accessibile a chiunque che minimizza la percezione dei rischi connessi all’attività
- tratti il trading alla stregua di un gioco per il cellulare, dove è possibile ricaricare il conto in 1 minuto tramite PayPal o Stripe
- non limiti in nessun modo il conto in base al capitale investito
- dai la possibilità di acquistare derivati a leva 30x su qualunque sottostante compilando un questionario di 3 domande
- sponsorizzi i tuoi prodotti in modo molto aggressivo avvalendoti di influencer che non si rendono minimamente conto dei danni che stanno facendo
Bè, in questo caso qualche colpa penso tu la abbia.
Conclusioni
Io stesso ho fatto trading per anni (trovate sempre il mio account attivo su TradingView con centinaia di idee e indicatori creati tra il 2015 e il 2019). In alcuni periodi sono stato profittevole, in altri no. Facendo un bilancio totale sono sicuramente in rosso, ma è tramite il trading che mi sono avvicinato al mondo degli investimenti a lungo termine e per questo non mi pento totalmente delle scelte che ho fatto.
Ma vi posso dire che sono una delle vittime di questo sistema e che ho aperto gli occhi tardi. Subire delle perdite ha comunque migliorato il mio approccio al rischio, anche se non lo considero uno step necessario e sicuramente non consiglierei a nessuno di fare trading per imparare a perdere.
Il punto è che gli investimenti a lungo termine dovrebbero essere una cosa per molti e il trading una cosa per pochi. Invece è l’esatto opposto. Le persone sono attratte dai guadagni facili. Le società di intermediazione lo sanno e gli influencer lo imparano dopo che iniziano a vedere i primi soldi dalle affiliazioni o dai corsi venduti ai tacchini (dei quali ho fatto parte).
Non è un caso che quando si parla di investitori privati nel mondo del trading si utilizzi il termine dumb money (denaro stupido), in contrapposizione agli smart money, gli istituzionali.
Il trading è un’attività a tempo pieno, estremamente complessa e competitiva. Diffidate sempre da chi vi propone guadagni facili con poco sforzo, del copy trading e della leva 30x. Se cercate un side-hustle, un lavoretto da fare per raggranellare qualche soldo, andate a consegnare pizze. Warren Buffett da ragazzo non faceva trading, ma consegnava giornali.
Grazie per la lettura.
Se ti è piaciuto l’articolo, iscriviti per rimanere aggiornato
Niente spam, ti invierò solo un aggiornamento settimanale.