Bitcoin in portafoglio: può aver senso o no?

Con una performance di oltre il 150% nel 2023, Bitcoin è tornato sulla bocca di molti. Mi sembra di essere tornato al 2021. I cryptobro sono nuovamente usciti dalle loro tane dopo i minimi del 2022 (-75% nel giro di 15 mesi), i cryptohaters invece sono già li pronti col forcone ad urlare alla bolla speculativa e al fatto che Bitcoin è aria fritta. Noi da bravi investitori comuni guardiamo queste due fazioni scannarsi e proviamo a fare le nostre valutazioni nel modo più obiettivo possibile.

Dovuta premessa: Bitcoin è un asset speculativo. Punto.

I feticisti della DeFi potranno storcere la bocca, ma da un punto di vista puramente finanziario, Bitcoin è uno strumento estremamente volatile quindi adatto per speculazioni. Se guardiamo la sua volatilità rispetto ad un indice azionario globale o ad un indice obbligazionario europeo governativo non potrete che essere d’accordo con me. Con queste oscillazioni, secondo me nessuna persona sana di mente dovrebbe investire una percentuale maggiore di quella che può permettersi di perdere in questo asset.

I punti di attenzione

Da un punto di vista prettamente razionale abbiamo una riserva di valore la cui volatilità fa invidia al dollaro zimbabwiano ma che è un primo tentativo di deregolamentazione e democratizzazione della finanza internazionale, al momento enormemente centralizzata (Vanguard e Blackrock gestiscono capitali pari a più della metà del debito degli Stati Uniti). E’ un asset che potenzialmente potrebbe portare ad una svolta, ma di contro potrebbe finire tutto in bolla di sapone, per quanto uno possa credere nella tecnologia sottostante.

In uno scenario del genere sarebbe da folli puntare tutto su Bitcoin, ma analizzandone la breve storia (10 anni in finanza sono medio termine) credo che sarebbe miope non valutarne gli impatti all’interno di un portafoglio opportunamente diversificato. Alcune persone hanno scelto di non investirci per partito preso, ma trovo questo atteggiamento estremamente limitante. Ecco perché ho voluto approfondirne l’impatto a livello di investimenti considerando quel poco storico di cui disponiamo.

Le domande alla quali voglio provare a rispondere sono le seguenti:

  1. Ha senso inserire una quota di Bitcoin in portafoglio?
  2. Esiste una percentuale tale per cui il rendimento del mio portafoglio aumenta mantenendo costante il rischio?
  3. Come posso acquistare Bitcoin?

Cosa accade al portafoglio se inserisco una percentuale di Bitcoin

Dopo aver creato un elenco di potenziali portafogli con 3 asset al suo interno (Total US Stock Market, Total US Bond Market e Bitcoin) variando tutte le possibili combinazioni ho calcolato rendimento e deviazione standard per ogni portafoglio. Per farlo ho utilizzato i dati dei prezzi giornalieri degli ultimi 10 anni dei seguenti tre strumenti: VTI, BND e BTC-USD.

Per analisi retroattive la frontiera efficiente è estremamente utile per decretare il miglior portafoglio nel periodo di riferimento. Il risultato quindi è stato:

  • in rosso il portafoglio che minimizza la volatilità (4% azioni 96% obbligazioni): nulla di nuovo, avevamo già visto in altri articoli come una percentuale ridotta di azioni contribuisce contemporaneamente a ridurre la volatilità e ad aumentare il rendimento atteso;
  • in giallo il portafoglio più efficiente senza bitcoin (22% azioni, 78% obbligazioni): quel portafoglio il cui rendimento atteso è massimo per ogni punto percentuale di volatilità;
  • in verde il portafoglio più efficiente in toto (22% azioni, 77% obbligazioni, 1% bitcoin): questo portafoglio risulta più efficiente del precedente, sacrificando un 1% di obbligazioni a favore di 1% bitcoin;
  • in nero il portafoglio che massimizza il rapporto rendimento/rischio oltre il 10% di volatilità attesa (43% azioni, 52% obbligazioni, 5% bitcoin): ho voluto vedere quale sarebbe stato il portafoglio migliore nei 10 anni precedenti.

Bitcoin e strumenti nostrani

Ho poi eseguito lo stesso test utilizzando 2 ETF nostrani (SWDA e VAGF) e il cambio Bitcoin/Euro. Il risultato non è molto distante dal precedente.

Il portafoglio che ha massimizzato il rapporto rendimento/rischio ha una percentuale di azioni che passa dal 22% al 34% e una percentuale di Bitcoin che passa dall’1% al 2%. Tutto a discapito delle obbligazioni che passando dal 77% al 64%. Anche il portafoglio che ha massimizzato rapporto rendimento/rischio per volatilità maggiore del 10% ha una percentuale di azioni più alta, ma in questo caso la percentuale di Bitcoin si ferma al 3% mentre le obbligazioni al 41%.

Aumento della volatilità in funzione della percentuale

Per ogni 1% di volatilità aggiuntiva, ho confrontato il rischio/rendimento dei portafogli con e senza Bitcoin. Una piccola percentuale di questo asset avrebbe contribuito a migliorare l’efficienza dei portafogli a tutti i livelli di volatilità. Questo significa che a parità di deviazione standard sarebbe stato da preferire un portafoglio con una piccola percentuale di Bitcoin in quanto avrebbe aumentato il rendimento senza aumentare il rischio.

Questi di seguito sarebbero stati i portafogli più efficienti per fasce di deviazione standard aggiuntiva del 5% fino ad un valore del 20% (approssimativamente la volatilità di uno strumento che replica un indice azionario globale). Considerate che sopra al 20% la quota di obbligazioni tende a zero e Bitcoin inizia a mangiare terreno alle azioni.

Rendimenti rolling a 5 anni

Ho fatto anche girare un backtest analizzandone i rendimenti rolling a 5 anni. Questo perché far girare un backtest su un unico periodo cumulato rischia di farci selezionare la ciliegia più matura, quando in realtà ce ne sono molte altre marce. Per evitare l’errore di cherry picking, è bene fare backtesting su periodi rolling. Anche questo tipi di backtest ha dimostrato che su periodi quinquennali a parità di volatilità un portafoglio con Bitcoin avrebbe fatto decisamente meglio di uno senza.

Il problema del ribilanciamento

Una volta visto che una percentuale intorno al 2-3% di Bitcoin comportava in tutti i portafogli un miglioramento del rendimento a parità di rischio, ho dovuto affrontare una questione ben più spinosa. Il backtest che ho fatto girare parte da una ipersemplificazione: le percentuali in portafoglio rimangono sempre le stesse. Di fatto è come se ogni giorno ribilanciassi il portafoglio e lo riportassi alle percentuali iniziali. Ma questo accade nel magico mondo di Python, perché nella realtà un portafoglio cambia la proporzione tra gli asset tanto più la differenza di performance tra quegli stessi asset è marcata nel tempo. Detto in soldoni, non ribilanciare significa esporsi ad una volatilità maggiore rispetto a quella attesa. Lo abbiamo visto in questo articolo sul ribilanciamento.

Quanto spesso conviene ribilanciare?

Rispondere a questa domanda è molto difficile. Possiamo analizzare storicamente cosa sarebbe stato meglio fare, ma non è detto che applicando la stessa regola nel futuro otteniamo gli stessi risultati.

E’ certo comunque che se vogliamo mantenere sotto controllo la volatilità con Bitcoin in portafoglio dobbiamo ribilanciare più spesso che senza e questo impatta i costi (principalmente aumenta le commissioni, a meno che non riesca a ribilanciare periodicamente utilizzando i soli conferimenti periodici di capitale, infattibile quindi per un investimento forfettario).

Possiamo effettuare un semplice backtest su portfoliovisualizer.com per vedere come un portafoglio con Bitcoin richieda dei ribilanciamenti più frequenti rispetto ad uno senza Bitcoin.

I seguenti due portafogli hanno stessa volatilità sul periodo decennale 2014-2023 se ribilanciamo con bande del 50% (ossia con volatilità relativa rispetto alle percentuali iniziali). In questo caso ogni volta che Bitcoin arriva a toccare il 4,5% o l’1,5% del portafoglio (3% +- 50%) procediamo con un ribilanciamento e riportiamo il portafolio alle percentuali iniziali.

Il primo portafoglio ha avuto un andamento obiettivamente migliore del secondo pur avendo un 6% in meno di azioni e un 3% in più di obbligazioni. Maggiore crescita, stessa deviazione standard, stessi drawdown, miglior Sharpe Ratio, miglior Sortino Ratio.

Se invece avessi optato per ribilanciare una volta all’anno, il risultato sarebbe stato un incremento della volatilità, anche se di un solo 1,2%.

Se, per concludere, avessi scelto di non ribilanciare mai, il risultato sarebbe stato un incremento della volatilità enorme, in quanto la percentuale di Bitcoin sarebbe salita ben oltre la quota di partenza del 3%. Anche il portafoglio senza Bitcoin avrebbe avuto un incremento di deviazione standard ma di un misero 1%.

La difficoltà di ribilanciare piccole porzioni di portafoglio

Se guardiamo però il numero di ribilanciamenti nel caso di fasce con tolleranza relativa, il portafoglio con Bitcoin avrebbe richiesto 13 ribilanciamenti in un periodo di 10 anni, mentre il secondo, quello senza Bitcoin, ne avrebbe richiesti 5. Questo si sarebbe tradotto in un potenziale aumento dei costi pari a più del doppio nel primo rispetto al secondo caso. In alternativa, avremmo potuto ribilanciare facendo dei nuovi conferimenti di capitale senza disinvestire da uno strumento in favore di un altro, ma questo è fattibile solo se le percentuali degli strumenti sono vicine tra loro e non è questo il caso.

Pensiamo al seguente caso storico reale.

E’ il 30/11/2017 e il nostro portafoglio adesso è 55% azioni/38.7% obbligazioni/6.3% bitcoin. Se avessi voluto riportarlo alle percentuali iniziali senza fare nuovi conferimenti sarebbe bastato spostare 300 euro da Bitcoin alle obbligazioni. Se viceversa avessi dovuto riportare il portafoglio alle percentuali iniziali senza disinvestimenti ma solo tramite conferimenti di nuovo capitale, avrei dovuto investire 5.500 euro su azioni e 4.500 euro su obbligazioni. In pratica per ribilanciare avrei dovuto investire un capitale tale e quale a quello iniziale. Sfido chiunque ad avere la possibilità di fare questo tipo di ribilanciamento.

Come possiamo investire su Bitcoin?

Esistono due possibilità: acquisto tramite exchange oppure tramite ETN.

Acquisto tramite exchange

L’acquisto tramite exchange significa fondamentalmente diventare proprietari a tutti gli effetti di Bitcoin. Così come andate in banca per scambiare euro con dollari se avete pianificato un viaggio in USA, così un exchange vi dà la possibilità di scambiare i vostri euro in Bitcoin. Una volta entrati in possesso della vostra criptovaluta è fondamentale tenerla al sicuro. Il primo consiglio che posso darvi è di toglierla subito dall’exchange una volta acquistata e spostarla su un wallet. Un wallet è appunto portafoglio virtuale nel quale conservare le criptovalute che possedete.

Esistono due tipologie di wallet: hot e cold. Il primo è un wallet archiviato e mantenuto online, mentre il secondo offline. Per fare un paragone, il primo è paragonabile al vostro homebanking, mentre il secondo al vostro portafogli. I rischi sono pressoché gli stessi. Il primo è potenzialmente hackerabile, mentre il secondo è a rischio furto o smarrimento.

Normativa italiana e tassazione della criptomoneta

Ulteriore punto di attenzione riguarda la tassazione: finalmente è stata fatta un po’ di chiarezza con la circolare 30/E del 27 ottobre 2023 dove è stato specificato che la tassazione sulle plusvalenze da criptomoneta è del 26% con una franchigia di 2.000 euro. Il testo riporta inoltre le attività per la regolarizzazione delle cripto-attività anche per coloro che fino ad oggi non avevano mai dichiarato niente. Ovviamente nessuna piattaforma opera in regime amministrato per le criptovalute perciò sarà vostro onere compilare correttamente la dichiarazione dei redditi.

Non è mia intenzione in questo articolo entrare troppo nel dettaglio di tutto ciò che riguarda exchange, wallet e così via. Ci sono persone molto più qualificate di me che vi possono spiegare meglio di me come funziona il mondo crypto.

E’ importante tuttavia sottolineare il fatto che detenere criptomoneta e trattarla alla stregua di un normale investimento oggi come oggi non è per niente facile. Pensate ad eventuali ribilanciamenti quadrimestrali per mantenere la volatilità del portafoglio entro certi limiti.

Acquisto tramite ETN

Ad oggi l’unico modo per replicare l’andamento di Bitcoin in Europa è quello di acquistare degli ETN. Gli ETN (Exchange Traded Notes) fanno parte della grande famiglia degli ETP (Exchange Traded Products) all’interno della quale sono presenti i ben più noti ETF. Gli ETN, così come gli ETC, una particolare categoria di ETN che però replicano soltanto commodities, non sono UCITS, soffrono di rischio emittente e hanno modalità di replica più articolate rispetto ai cugini ETF.

Nonostante quello che riporta JustETF e senza entrare troppo nel dettaglio di come funziona la replica dell’andamento di Bitcoin da parte di un ETN, vi basti sapere che quello che state andando ad acquistare in realtà è un titolo di debito tramite il quale l’emittente dello strumento si impegna a corrispondervi il rendimento del benchmark. Il rendimento viene quindi corrisposto tramite l’acquisto di derivati e non c’è alcun obbligo da parte dell’emittente di acquistare e detenere realmente Bitcoin a garanzia di quel rendimento.

Un parallelo estremamente calzante, data anche la virata che sta prendendo il mondo cripto ultimamente, è l’oro. L’oro viene replicato tramite ETC (io stesso lo detengo in portafoglio) ma la sua replica è fisica, nel senso che l’emittente acquista e conserva oro in controvalore al vostro investimento.

Bitcoin ETF spot e SEC

Per Bitcoin al momento non esistono ETP a replica fisica in Europa.

Notizia degli ultimi giorni, la SEC ha approvato gli ETF Bitcoin Spot negli USA tra i quali quello del colosso Blackrock. Per quei pochi che vivono nelle caverne, Blackrock è il più grande asset manager al mondo per volumi e l’approvazione da parte della Security Exchange Commission di un ETF a replica fisica di Bitcoin è stata una svolta. Principalmente perché è stata una “consacrazione” del Bitcoin come asset class vera e propria.

Fossi un cryptobro non ne sarei molto contento, perchè questo snaturerebbe uno dei principali scopi per i quali Bitcoin è stato pensato. Ma questa è solo la mia opinione.

A noi cittadini dello stivale non cambia assolutamente niente per il momento, ma non è detto che tra qualche tempo potremo beneficiare anche noi di qualche ETF UCITS su Bitcoin.

Conclusioni

Abbiamo visto come, almeno storicamente, la presenza di una piccola percentuale di Bitcoin in portafoglio intorno ad un 2-3% è un’ottima soluzione per aumentare il rendimento mantenendo costante la volatilità.

Tuttavia esiste un problema concreto relativo alla necessità di effettuare dei potenziali ribilanciamenti molto più spesso rispetto ad un portafoglio passivo degno di questo nome. Come abbiamo visto dall’analisi la frequenza ottimale sembra essere intorno al trimestre, ma tutto dipende dai movimenti in un dato periodo.

Fino a poco tempo fa possedevo una piccola quota di Bitcoin in portafoglio detenuta su hot wallet. Il peso era nell’ordine dell’1%, ma ho preferito liquidarla. Questo per varie ragione: ribilanciare criptomoneta su un wallet è noioso, la normativa fiscale era poco chiara e la percentuale detenuta era una goccia nel mare. Inoltre non era mia intenzione acquistare ETN che replicassero andamento di Bitcoin proprio per la loro poca trasparenza.

Se e quando arriverà un ETP su Bitcoin realmente a replica fisica (ossia dove l’emittente è obbligato ad acquistare Bitcoin in controvalore rispetto all’ investimento fatto e non garantisca il rendimento tramite un paniere sostitutivo) in Europa sarò il primo a valutarne concretamente l’inserimento in portafoglio. Ma fino a quel momento posso vivere benissimo senza.

Grazie per la lettura.

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