Con i mercati nuovamente ai massimi, leggo sempre più spesso di investitori preoccupati di investire i loro sudati risparmi in un mercato all’apice della forma.
La risposta che ricevono è sempre la stessa: time in the market batte timing the market. In poche parole, conta più il tempo passato all’interno del mercato del provare ad attuare la strategia dell’aspettare un ribasso per investire ad un prezzo più favorevole. Da buon scettico scassapalle, mi sono chiesto se è realmente così o se questo è un mantra tramandato via internet che qualcuno una volta ha verificato e che tutti ormai danno per assodato.
E quindi mi sono messo a fare i calcoli.
Non investire sui massimi di mercato significa rinunciare ad investire il 20% del tempo
L’MSCI World ha chiuso il 20% dei mesi ad un nuovo massimo assoluto rispetto ai mesi precedenti. Se consideriamo invece per quanto tempo l’indice ha scambiato ad un prezzo non inferiore del 10% rispetto all’ultimo massimo assoluto, la percentuale sale al 60%.
Questo significa che decidere di non investire quando il mercato è ai massimi o è molto vicino ai massimi significa precludersi la possibilità di farlo nella maggior parte del tempo. Questa analisi è stata fatta sia su MSCI World dal 1972 ad oggi, sia su indice S&P dal 1929 ad oggi e le percentuali sono pressoché le stesse.
Investire sui massimi di mercato o aspettare un ribasso?
Ho fatto una cosa molto semplice. Per ogni mese nel quale è stato generato un nuovo massimo ho simulato di investire in lump sum (importo forfettario) 10.000 euro. Poi ho controllato quanto avrei dovuto attendere per un ribasso del 10%, del 20% o del 30% dell’indice. Una volta che un ribasso di questa entità sarebbe accaduto, ho ipotizzato di investire la stessa cifra mantenendo costante la data di uscita.
Faccio un esempio per far capire il concetto: Mario decide di investire 10.000 euro oggi che i mercati sono ai massimi, mentre Maurizio decide di aspettare un calo del 10% prima di investire i suoi 10.000 euro. I mesi che Maurizio deve attendere prima di investire è il tempo nel quale egli sta fuori dal mercato in attesa di una opportunità di acquisto, che potrebbe capitare dopo 1 mese oppure dopo 8 anni.
In blu scuro vediamo per quanti anni Mario manterrebbe il suo investimento (10 anni). In azzurro invece vediamo per quanti anni avrebbe mantenuto il suo investimento Maurizio se il calo del 10% si fosse presentato dopo 2 anni (tempo di investimento residuo 8 anni).
Una spiegazione dell’approccio utilizzato
Perché ho applicato questo approccio?
Perché se chiunque può allungare di due anni il proprio orizzonte temporale per arrivare ai fatidici 10 anni, potrebbe fare altrettanto e rimanere investito per 12 anni se avesse investito sui massimi. E’ fondamentale quindi mantenere costante il punto di arrivo per dare senso all’analisi.
Perché ho lavorato con importo forfettario e non con un PAC?
Perché con importo forfettario acquistare durante un ribasso ha più senso. Con un PAC smorzerei questo effetto, così come smorzerei l’effetto negativo di acquistare sui massimi se nei mesi seguenti il mercato subisse un crollo. Se dilazioniamo l’investimento su un periodo temporale più lungo è chiaro quindi che riduciamo la perdita di valore dovuta alla sfortuna di beccare un massimo seguito subito a ruota da un ribasso importante. In gergo, si dice che mediamo il prezzo di carico.
Quanto avremmo dovuto aspettare se non avessimo voluto investire sui massimi di mercato
Facendo una media dei mesi di attesa per un drawdown del 10%, del 20% e del 30% per ogni punto di nuovo massimo, avremmo dovuto aspettare mediamente 17 mesi per un ribasso del 10%, 32 mesi per un ribasso del 20% e 114 mesi per un ribasso del 30%. Inoltre il 50% delle attese per un ribasso del 30% e oltre saremmo rimasti al termine dei 10 anni col cerino in mano. Non saremmo mai entrati.
Questi sono valori medi. Ci sono stati casi in cui il massimo di mercato è stato seguito da un crollo del 30% nel giro di 12 mesi come nel settembre 1989 o nell’agosto 2000 e casi in cui il crollo è avvenuto oltre 8 anni dopo come nel 1980.
Strategia | Attesa per ingresso a mercato |
---|---|
Acquisto sui massimi | 0 mesi |
Attesa ribasso 10% | 17 mesi |
Attesa ribasso 20% | 32 mesi |
Attesa ribasso 30% | 114 mesi |
Investire è questione di capitale a scadenza, non di rendimento
Se l’analisi temporale non vi ha ancora convinto, vediamo cosa sarebbe successo prima ai rendimenti e poi al capitale a scadenza.
Ho analizzato entrambe le variabili perché l’interesse composto è subdolo: preferireste un rendimento del 20% nel primo anno e nullo nel secondo o un rendimento del 10% per due anni consecutivi? Se il nostro capitale di partenza fosse 10.000 euro, avremmo 12.000 euro nel primo caso e 12.100 euro nel secondo caso. Questo perché l’interesse composto è esponenziale e tendenzialmente è preferibile avere un rendimento più basso ma più a lungo che un rendimento più alto ma per un periodo più breve.
Investire sui massimi di mercato ne è la piena riprova.
Se avessimo guardato stupidamente ai rendimenti, attendere un ribasso del 20% o del 30% avrebbe generato dei rendimenti più alti in molti casi, ma per un periodo di investimento decisamente più breve. Questo avrebbe avuto un impatto negativo sul nostro capitale a scadenza.
Se guardiamo il capitale a scadenza, invece, non c’è storia. Investire sui massimi avrebbe garantito nell’80% dei casi un montante maggiore rispetto ad aspettare un ribasso del 10%, del 20% o del 30%. Di seguito il dettaglio delle medie, dei valori minimi e massimi e dei percentili per coloro che hanno più confidenza con la statistica.
Variabile di analisi | Capitale a scadenza dai massimi | Capitale a scadenza calo 10% | Capitale a scadenza calo 20% | Capitale a scadenza calo 30% |
---|---|---|---|---|
Media | 22,387 € | 20,416 € | 19,041 € | 15,516 € |
Valore minimo | 7,161 € | 6,630 € | 7,881 € | 8,916 € |
Valore massimo | 46,810 € | 51,550 € | 49,249 € | 23,161 € |
Percentile 25% | 13,720 € | 13,530 € | 13,531 € | 12,943 € |
Percentile 50% | 19,214 € | 16,603 € | 15,902 € | 15,554 € |
Percentile 75% | 31,673 € | 22,766 € | 20,747 € | 17,973 € |
Investire sui massimi di mercato dopo aver investito in strumenti risk-free nell’attesa
So già cosa alcuni di voi stanno pensando. Se aspetto 2, 3, 5 anni per un ribasso, posso decidere di investirli in un strumenti privi di rischio come obbligazioni a breve termine o conti deposito invece che tenerli sul conto a prender polvere.
Ebbene eccovi accontentati.
Ho ipotizzato che i vostri soldi non se ne stiano fermi sul conto corrente, ma che li investiate ad un tasso risk-free. Non me ne vogliate, ma per storico e completezza del dato ho dovuto prendere i T-BILLS statunitensi a 3 mesi, gentilmente offerti dalla Federal Reserve Bank of St Louise.
Il risultato di questa casistica sottolinea due cose importanti:
- quando si è sui massimi di mercato e vogliamo entrare in lump sum, potrebbe essere conveniente aspettare un ribasso del 10%. Statisticamente infatti avremmo avuto un capitale a scadenza più alto rispetto ad investire sui massimi. A patto ovviamente che i vostri 10.000 euro vengano investiti in strumenti privi di rischio come ETF monetari o conti deposito;
- il capitale a scadenza nel caso di attesa di un calo al 30% presenta una palese stortura: se investo in strumenti privi di rischio nell’attesa, ho un capitale minore. Questo in realtà è dovuto al modello che ho costruito per l’analisi. Nel caso precedente non includevo le casistiche nelle quali aspettavo 10 anni invano, mentre in questo secondo esempio si, in quanto investo in strumenti alternativi per tutti e 10 gli anni. Ecco spiegato perché il valore medio a scadenza in caso di attesa di ribassi oltre il 30% è inferiore in questo scenario.
Variabile di analisi | Capitale a scadenza dai massimi | Capitale a scadenza calo 10% | Capitale a scadenza calo 20% | Capitale a scadenza calo 30% |
---|---|---|---|---|
Media | 22,387 € | 24,750 € | 20,486 € | 13,092 € |
Valore minimo | 7,161 € | 8,980 € | 5,872 € | 4,963 € |
Valore massimo | 46,810 € | 93,681 € | 82,105 € | 40,494 € |
Percentile 25% | 13,720 € | 13,931 € | 11,012 € | 8,141 € |
Percentile 50% | 19,214 € | 17,900 € | 14,621 € | 10,524 € |
Percentile 75% | 31,673 € | 28,010 € | 22,703 € | 12,157 € |
Rapporto tra capitale a scadenza e tasso privo di rischio
Non contento, ho individuato quale era il valore del tasso privo di rischio quando avremmo avuto più convenienza ad attendere un ribasso del 10% piuttosto che ad investire sui massimi.
Il risultato è controintuitivo, ma ha una sua logica. Controintuitivo perché onestamente mi sarei aspettato di avere più convenienza ad attendere un ribasso del 10% quando i tassi di interesse delle obbligazioni a breve termine fossero stati in aumento, ma guardando il grafico la situazione è opposta. Avrei avuto più convenienza ad aspettare un ribasso con i tassi di diminuzione.
Se ci pensiamo bene infatti tassi in aumento significa che la Banca Centrale sta provando a mettere un freno all’inflazione ed è molto probabile perciò che l’economia si trovi al termine di un ciclo di espansione, dove i prezzi delle azioni stanno esplodendo e sono vicini ad una inversione, ma stanno ancora galoppando.
Indicativamente i momenti di tassi in diminuzione hanno anche anticipato dei periodi di mercato in stagnazione (fine anni ’80 o decennio perduto) o periodi di crollo del mercato (bolla delle dot-com, primi 2000).
Il problema diventa quindi aspettare un ribasso che non sapremo mai quando avverrà. Infatti sarebbe stato conveniente attendere un ribasso solo se questo si fosse presentato mediamente nei primi 14 mesi, altrimenti sarebbe stato più profittevole entrare sui massimi.
Allungare il periodo di analisi non avrebbe cambiato il risultato
Estendere la durata dei portafogli non avrebbe cambiato il risultato dell’analisi. Aspettare fuori dal mercato lasciando i soldi sul conto sarebbe stato svantaggioso in ogni caso. Invece attendere investendo in strumenti con tassi privi di rischio avrebbe garantito mediamente un risultato migliore se avessimo aspettato un ribasso del 10%. Sarebbe stato invece disastroso nel caso di attese di ribasso oltre il 30%.
Conclusioni
Il problema è sempre lo stesso: non possiamo sapere cosa ci riserverà il futuro.
Dal mio punto di vista quindi non c’è partita: time in the market batte timing the market. Seguire una strategia di ingresso a mercato non correlata al prezzo attuale risulta essere un’ipotesi vincente in tutte le situazioni. Anche perché la differenza tra farlo o aspettare un ribasso del 10% investendo in strumenti privi di rischio non è così marcata.
Se il problema è il mal di stomaco da stress dovuto ad investire una cifra forfettaria tutta in una volta, la soluzione (subottimale matematicamente, ma ottimale psicologicamente) è diluire l’investimento in un arco temporale più o meno lungo. Se questo ha un impatto positivo sulle vostre ore di sonno, non è un problema se il rendimento a lungo termine ne risente. Il punto fondamentale è rispettare gli obiettivi che ci siamo dati, non fare concorrenza agli hedge funds.
Come al solito, quello che conta è la pianificazione a lungo termine. Il market timing lasciatelo a chi pensa che battere il mercato sia un gioco da ragazzi.
Grazie per la lettura.
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