Sulla leva finanziaria, il volatility decay e l’effetto compounding

Datemi una leva e solleverò il mondo.

Archimede

Archimede aveva ragione, ma non parlava sicuramente della leva finanziaria.

Se avete pensato almeno una volta di investire su un ETF a leva perché un indice azionario diversificato sul lungo termine è sempre stato in crescita, questo è l’articolo giusto per voi. La leva finanziaria è una delle armi a doppio taglio più pericolose, che va conosciuta molto bene se vogliamo pensare di sfruttarla in qualche occasione.

Il problema è che la maggior parte lo fa a cuor leggero, non sapendo i rischi a cui va incontro.

Cosa è la leva finanziaria?

La leva finanziaria è la possibilità di acquistare o vendere attività finanziarie per un importo superiore al nostro capitale tramite l’indebitamento. Questo ci consente di generare potenzialmente profitti maggiori rispetto al nostro capitale iniziale aumentando di contro il rischio a cui siamo soggetti.

Ipotizziamo di avere 100 euro di capitale da investire in una attività finanziaria con prospettive di guadagno o perdita del 10%. Senza l’impiego della leva, potremmo generare un profitto o una perdita potenziale di 10 euro.

Supponiamo invece di ricorrere all’impiego della leva, indebitandoci per ulteriori 100 euro. In gergo si dice che stiamo operando a leva 2 (capitale totale/capitale proprio). Avendo quindi investito 200 euro, il nostro profitto o la nostra perdita potenziale sono del 20% rispetto al capitale proprio. Operando a leva quindi abbiamo la possibilità di avere rendimenti più elevati, ma anche perdite più elevate rispetto al nostro capitale.

Se stiamo operando a leva 2 e lo strumento ha un ribasso maggiore del 50% generiamo una perdita maggiore rispetto al nostro capitale investito.

ETF a leva ed ETF short

Anche nel mondo degli ETP (ETF, ETN ed ETC) ci sono alcuni strumenti che utilizzano la leva finanziaria e ne subiscono comunque un effetto simile. Questi strumenti sono gli ETF a leva (Leveraged ETF o LETF).

Alcuni ETF a leva molto famosi sono SSO e UPRO (rispettivamente ETF a leva 2 e 3 su S&P500) e QLD e TQQQ (rispettivamente ETF a leva 2 e 3 su NASDAQ). In Italia invece sono piuttosto conosciuti il LEVMIB e l’XBEAR, rispettivamente ETF a leva 2 long e short su FTSE MIB.

Analisi dei drawdown storici

Vien da sé che esporci a leva aumenta il rischio del nostro investimento proporzionalmente alla volatilità dello strumento. Più lo strumento è volatile più l’effetto della leva amplifica quella volatilità. Stessa cosa la possiamo applicare ai ribassi. Investire in un ETF a leva aumenta la portata dei drawdown. Per esempio VOO, ETF non leveraged su S&P500, replicando l’andamento del sottostante ha subìto un ribasso di circa il 25% nel 2022. SSO, ETF a leva 2 sullo stesso indice ha subìto un ribasso di oltre il 40%, mentre UPRO, a leva 3, ha subìto un ribasso di oltre il 60%.

Tuttavia, se siamo investitori molto razionali potremmo in qualche modo fregarcene della volatilità e dei drawdown lungo il periodo.

Non possiamo però ignorare che ogni volta che il drawdown sul sottostante del nostro ETF a leva supera il 33% se siamo a leva 3 o il 50% se siamo a leva 2, il nostro bell’ETF a leva sarebbe andato a zero.

Cosa sarebbe successo se avessimo investito nell’S&P500 a leva 2 o 3 nella storia lo vediamo nel seguente grafico. Il nostro bell’ETF a leva 2 o a leva 3 sarebbe andato a zero reiterate volte nella storia se avessimo investito prima del ribasso. L’ultima volta nel 2009.

E vi devo dare un’altra brutta notizia: non vi ho ancora detto la conseguenza peggiore alla quale andiamo incontro se investiamo a leva. Prima però vi spiego brevemente come fa il gestore a replicare l’effetto leva.

Come viene replicato l’effetto leva sugli ETF, ETC ed ETN

Gli ETP a leva consentono di investire in un sottostante replicandone il rendimento ma applicandoci l’effetto di leva finanziaria.

Senza entrare troppo nello specifico degli strumenti utilizzati per raggiungere l’obiettivo, per replicare questo effetto il gestore di questi ETF moltiplica la variazione di prezzo giornaliera per la leva. Quindi se l’S&P500 chiude la seduta a +2%, la variazione di SSO (leva 2) è di +4% mentre la variazione di UPRO (leva 3) è di +6%.

Questo genera un simpatico effetto chiamato compounding sul quale non c’è niente che possiamo fare.

Il volatility decay e l’effetto compounding

Il compounding è un effetto matematico tale per cui dato un intervallo temporale il rendimento di un ETF a leva o short sarà sempre più basso rispetto al rendimento di un ETF non a leva sullo stesso indice moltiplicato per la leva.

Supponiamo di avere un titolo il cui prezzo cala dell’1% consecutivamente per 4 giorni e il quinto giorno ha un rendimento del 4.10% che lo riporta al prezzo iniziale di 100 euro.

Nel caso operassimo a leva 3, i rendimenti giornalieri per i primi quattro giorni sarebbero del -3% portando il prezzo a 88.53 e generando una perdita di 11.47% contro una perdita sul titolo non a leva del 3.94%. Il quinto giorno il rendimento sarebbe del 12.3% (tre volte il rendimento del titolo) e porterebbe il titolo ad un prezzo di 99.42 euro invece che 100. La differenza dello 0.58% visibile nell’ultima colonna è l’effetto compounding che si applica quando operiamo a leva.

Lo stesso meccanismo si applica agli ETF short che sia o meno a leva, in quanto il rendimento viene replicato in modo inverso nello stesso identico modo.

Questo effetto si amplia in base a tre variabili:

  • volatilità: tanto più i rendimenti giornalieri sono volatili tanto più l’effetto compounding è impattante. Per questo si parla di volatility decay, ossia decadimento dei rendimenti a leva dovuti ad una maggiore volatilità;
  • tempo: maggiore è la durata del nostro investimento a leva maggiore è l’effetto compounding;
  • entità della leva: maggiore è la leva maggiore sarà l’effetto.

Tanto più i prezzi aumentano in modo lineare quotidianamente, tanto più l’effetto dovuto alla leva finanziaria è minore. Ma avete mai visto un titolo che si muove in modo lineare nei rendimenti giornalieri?

Il peso della leva finanziaria sugli investimenti

Per dimostrare la portata di questo effetto nella realtà, nel prossimo grafico vediamo la differenza di rendimento tra un ETF a leva 2 e 3 su S&P500 (Leva 2 Reale e Leva 3 Reale) e la sua controparte non a leva i cui rendimenti sono stati ricalcolati in modo simulativo su base giornaliera (Leva 2 Simulata e Leva 3 simulata) escludendo l’effetto compounding.

Ad onor del vero, non tutta la differenza tra i due rendimenti dipende dal solo effetto compounding ma in piccola parte dipende anche dal TER dei due ETF (generalmente gli ETF a leva costano più di ETF non a leva), dal costo del denaro (il debito ha un costo che dipende dai tassi di interesse in un determinato momento) e da altri costi come lo spread bid-ask.

Impatto della durata sull’effetto compounding

Per vedere come cambia l’effetto compounding della leva finanziaria in base alla durata dell’investimento, supponiamo di investire a leva 2 su portafogli rolling a 3 e 5 anni.

Come si vede dal seguente grafico, i portafogli rolling a 3 (linea blu) anni subiscono un effetto della leva inferiore rispetto a quelli a 5 anni (linea verde). Per esempio, avendo investito in un portafoglio a leva 2 nel 2012 per 3 e 5 anni l’effetto compounding avrebbe pesato rispettivamente circa il 5% e quasi il 15% rispetto ad un portafoglio a leva senza effetto compounding per la stessa durata.

Il picco a ribasso a partire dal 2018 per i portafogli a 3 anni e dal 2015 per i portafogli a 5 anni è dovuto al fatto che se avessimo investito a leva durante i ribassi del 2020 avremmo avuto un effetto compounding molto più marcato. Questo effetto è dovuto al volatility decay di cui parlavamo prima: maggiore volatilità causa maggiore effetto compounding.

Impatto della leva sull’effetto compounding

Anche il ruolo della leva è da non sottovalutare. Di seguito la differenza di rendimento rispetto ad un portafoglio simulato a leva 2 e 3 senza effetto compounding causato da un aumento della leva su portafogli rolling a 3 anni.

In questo caso i portafogli iniziati nel periodo 2017-2019 avrebbero avuto un effetto di circa il 25% per i titoli a leva 2 e di ben il 60-70% per i titoli a leva 3.

Effetto compounding combinato

Nel grafico seguente si vede molto bene l’effetto combinato di tutte e tre le variabili: volatilità, durata e leva. Maggiore è la volatilità (ribasso dell’anno 2020), maggiore è la durata (tendenza verso il basso all’aumentare della durata) e maggiore è la leva (linea blu leva 2 e linea verde leva 3) corrisponde ad un maggiore effetto compounding sul titolo nel quale stiamo investendo.

Conclusioni

La diretta conclusione che ci portiamo a casa è che gli ETF a leva non possono e non devono essere utilizzati per portafogli buy&hold.

Per quanto possiamo gestire attivamente la nostra posizione a leva in caso di periodi di ribasso particolarmente violenti tramite alcune strategie di protezione sul portafoglio o sul singolo titolo, resta comunque l’imponente ombra dell’effetto compounding e del relativo volatility decay.

Il volatility decay è imprevedibile tanto quanto lo sono i prezzi di mercato e la loro deviazione standard. Se la costruzione di un portafoglio che sfrutta anche in piccola parte il leveraging sulla carta può avere delle buone performance, nella pratica ci si ritorce contro in quanto non possiamo sapere come si muoveranno i prezzi nelle varie sedute e quanto rendimento verrà mangiato dallo swap giornaliero tra titolo non a leva e titolo a leva.

Grazie per la lettura.

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