Se avete mai sentito dire “tanto in media va tutto bene” parlando di investimenti, fermatevi un momento a considerare il pericolo insito in questa frase. La matematica finanziaria nasconde trappole che possono trasformare i vostri risparmi in polvere più velocemente di quanto possiate dire “consulente finanziario”. Oggi vi svelo perché le medie sono bugiarde, come la volatilità vi frega anche quando non ve ne accorgete, e soprattutto come difendervi da questi mostri che divorano portafogli.
Iniziamo con un esempio che sembra un regalo ma è in realtà una trappola travestita. Avete 1000 euro e giocate a testa o croce: testa raddoppiate tutto, croce perdete la metà. La media aritmetica vi dice che ogni lancio vi dà un rendimento atteso del 25%. Peccato che se escono due croci di fila, i vostri 1000 euro diventano 250 euro. Per tornare al punto di partenza non vi serve il 25% promesso dalla media, ma un bel 300%.
Questo fenomeno si chiama rischio di sequenza, e significa che l’ordine in cui accadono le cose conta molto più della loro media matematica. È per questo che due investitori con lo stesso rendimento medio possono finire con soldi molto diversi: chi subisce le perdite all’inizio parte svantaggiato, mentre chi le subisce alla fine ha più capitale da cui ripartire.


I matematici hanno inventato una formula elegante per descrivere come si muovono i prezzi delle azioni. Si chiama moto browniano geometrico e immagina che ogni prezzo sia un ubriaco che barcolla su un marciapiede: ogni passo è casuale, può andare avanti (guadagno) o indietro (perdita).
La formula è questa: dSt = μSt dt + σSt dWt
Tradotto in italiano comprensibile: il movimento del prezzo dipende da tre fattori. C’è μ (mu), che è il rendimento atteso che il vostro consulente vi sbandiera sotto il naso. C’è σ (sigma), la volatilità, ovvero quanto balla il prezzo. E c’è dWt, il rumore casuale dei mercati, tipo quando Elon Musk twitta qualcosa e Tesla fa +10% o -15% senza motivo apparente. Quando viene risolta questa equazione per St, spunta fuori un termine che vi frega. Il rendimento reale non è μ, ma μ – ½σ². Quel “meno un mezzo sigma al quadrato” è il pedaggio che pagate per la volatilità.
La soluzione a questa equazione infatti è questa: St = S0⋅e (μ−1/2σ^2) t + σ Wt
Facciamo i conti: se un’azione ha un rendimento atteso del 20% e una volatilità del 40%, il rendimento reale sarà 20% – ½×(40%)² = 12%. Quegli 8 punti percentuali persi non sono commissioni della banca, è pura matematica che vi mangia i rendimenti.


Esiste una formula famosa che dice quanto investire per massimizzare i guadagni nel lungo periodo.
Si chiama criterio di Kelly: f = (bp – q)/b
Dove b è quanto vincete rispetto a quanto rischiate, p è la probabilità di vincere, e q quella di perdere. Prendiamo una moneta truccata che ha una probabilità di far uscire testa il 55% delle volte, con vincita 1:1. La formula dice di investire il 10% del capitale ogni volta. Sembra sensato, ma c’è un problema: se sbagliate a stimare le probabilità (e le sbagliate sempre, perché siamo umani e tendenzialmente ottimisti come venditori di integratori miracolosi), potete andare in bancarotta più velocemente di un influencer che apre un ristorante. Ecco perché i professionisti usano solo un quarto o la metà di quello che suggerisce Kelly. Se guidate 20 km/h al di sotto del limite andate più piano, ma almeno non finite nel fosso.


Uno dei miti più pericolosi è che diversificare sia da codardi. In realtà è l’unico trucco matematico che funziona davvero. La volatilità di un portafoglio non è la media di quella dei singoli investimenti, ma qualcosa di più interessante. Se mettete il 50% in un asset con volatilità del 20% e il 50% in uno con volatilità del 30%, non ottenete il 25% di volatilità del portafoglio. Se i due asset sono correlati solo al 30% (cioè non si muovono sempre insieme), la volatilità complessiva scende al 18%. Magia? No, matematica.
La formula è σp² = w₁²σ₁² + w₂²σ₂² + 2w₁w₂ρσ₁σ₂, dove ρ è la correlazione tra gli asset. Quando ρ è basso (asset che si muovono indipendentemente), il termine finale diventa piccolo e la volatilità complessiva si riduce.
È per questo che mettere insieme azioni tech e oro o mercati americani e cinesi funziona: quando uno va male, l’altro spesso rimane stabile o va meglio.
Durante la crisi dei mutui subprime, tutti i modelli sono andati in pezzi. Il moto browniano geometrico presuppone che i prezzi si muovano in modo continuo, con piccole oscillazioni graduali. Invece nel 2008 abbiamo visto crolli del 50% in pochi giorni, violando completamente l’ipotesi di base. Gli economisti sono dovuti correre ai ripari introducendo modelli più complicati che considerano i “salti” improvvisi dei prezzi.


Vi tranquillizzo: potete usare questi concetti a vostro favore, basta sapere come. Prima di tutto, calcolate sempre rendimento e volatilità dei vostri investimenti usando dati storici. Yahoo Finance o altri siti gratuiti vi danno tutto quello che serve.
Secondo, non puntate mai più del 5-10% del capitale su un singolo asset, qualunque cosa vi dica il criterio di Kelly. La prudenza non è codardia, è intelligenza applicata.
Terzo, diversificate come paranoici esperti di cybersecurity: combinate asset che hanno correlazioni basse. Oro e azioni tech raramente si muovono insieme, così come mercati emergenti e obbligazioni governative di paesi sviluppati.
Quarto, ribilanciate il portafoglio in base a delle regole che avete stabilito a priori. Se avete deciso di avere 60% azioni e 40% obbligazioni, dopo un anno di mercato toro potreste ritrovarvi con 75% azioni. Riportate tutto ai pesi originali: vendete azioni e comprate obbligazioni.
Infine, smettete di guardare i grafici ogni giorno. Se fate una dieta e vi pesate ogni giorno mollate dopo una settimana. I risultati si vedono nel lungo periodo e gli investimenti non fanno eccezione. I mercati fanno rumore nel breve, ma nel lungo termine premiano chi sa aspettare.
La finanza personale non è questione di fortuna o intuito, ma di matematica applicata con furbizia. La volatilità è un killer silenzioso che erode i rendimenti anche quando non ve ne accorgete. L’ordine degli eventi conta più della loro media. E diversificare non è da smidollati, ma da persone che sanno fare due più due. Io questo ve l’ho spiegato perché ho visto troppi investitori cadere nelle trappole della “media matematica”. La prossima volta che qualcuno vi parla di “rendimenti medi”, ricordategli che in media l’essere umano ha un testicolo e un’ovaia. Il vostro portafoglio vi ringrazierà per aver capito la differenza tra matematica e realtà.
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